Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2022
Durata:33 min.
Etichetta:Electric Valley Records

Tracklist

  1. BITTER TIMES
  2. DESPITE
  3. WATERFALL
  4. UZUMAKI
  5. WHITE CANVAS
  6. THE WEIGHT

Line up

  • Kleber Mariano: vocals, guitar
  • Marcus Oliveira: guitar
  • Leonardo Moore: bass
  • Andre Leal: drums

Voto medio utenti

Terzo album per i brasiliani Stone House on Fire, ottimi rappresentanti della scena psico-stoner in America Latina. Il quartetto di Volta Redonda (Stato di Rio de Janeiro) propone un sound molto saturo di acidità rock, ma altrettanto ricco di sfumature fresche e intelligenti. Il tambureggiare tribalistico in "Waterfall", ad esempio, profuma molto di indios e innatismo carioca, ma si innesta in un lungo trip psichedelico dal retrogusto seventies che richiama da lontano colleghi come Los Natas o Reino Ermitano, con una spiccata personalità nello svolgimento spiraleggiante e cosmico. Sicuramente uno dei pezzi più notevoli in scaletta, sia per gradiente di stordimento che per fantasia nelle soluzioni.
Ma questi ragazzi sono bravi anche quando spingono sul pedale dell'heavy-stoner, alla maniera di Atomic Bitchwax o Graveyard, vedi il tiro rombante e rugginoso di "Bitter times" o "Uzumaki" dove c'è grinta e groove ma non mancano i ganci melodici di solida presa. Validi gli aspetti vocali, perchè Kleber Mariano non tende mai ad eccedere ed il suo timbro ha una naturale vibrazione aspra che fa molto atmosfera vintage.
"Despite" e la tossica "White canvas" mostrano un taglio maggiormente raw-bluesy che sarà sicuramente apprezzato dai nostalgici dei Blue Cheer o dagli appassionati di interpreti contemporanei come Ecstatic Vision o Mountain Tamer. La prima canzone è di impatto ruvido e granuloso, cadenzata e ricca di sofferta emozionalità, mentre la seconda risulta decisamente più stoner e fiammeggiante (nella prima metà ricorda gli Orange Goblin) ma si dilata poi in un magnetismo psych-prog quasi Crimsoniano. Indole jammistica, sperimentale e visionaria, da band matura.
La conclusione è affidata ai sette minuti di "The weight", l'episodio più dark-doomy del lotto dove le radici hard-blues vengono mischiate a passaggi di groove massiccio e aperture notturno-atmosferiche. Qualcosa a metà strada tra i leggendari Iron Butterfly ed i moderni Joy o Kal-El, in pratica un bel saliscendi da immersione garantita.
Forse l'unica pecca è una certa brevità del lavoro, però compensata in abbondanza dall'alta qualità delle composizioni. Formazione che rientra nei confini del genere, ma con una positiva agilità nell'aggiungere colorazioni particolari, come il percussionismo Sudamericano o la marcata componente neo-psych. Da suggerire a chi vuole ampliare i confini geografici delle moderne correnti di rock alternativo.

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