Copertina 7

Info

Anno di uscita:2022
Durata:62 min.
Etichetta:MNRK Heavy

Tracklist

  1. ABUSIVE
  2. THROAT COBRA
  3. TRAPPED IN A MIDCAVE
  4. EPOXIA
  5. LAND
  6. ALIEN SLUT MUM
  7. APOLLYON
  8. ACID TEST ZONE
  9. LATIN AMERICAN GEOLOGICAL FORMATION
  10. LEAVING THE WARS OF WOE

Line up

  • Matt Pike: guitar, vocals
  • Jon Reid: drums

Voto medio utenti

Il primo album solista di Matt Pike, il riff-master assoluto in campo heavy-doom di fama Sleep e High on Fire, nasce sostanzialmente dalla frustrazione per le restrizioni dovute al Covid. Bloccato in Oregon dal lockdown ed impossibilitato a lanciarsi nei tour che sono la sua linfa vitale, il musicista ha dichiarato di essere stato ispirato dal cielo reso rossastro ed opprimente dai rovinosi incendi boschivi che hanno martoriato l'area e dai feroci scontri sociali scoppiati a Portland in risposta alle restrizioni sanitarie. Frustrato e desideroso di agire, l'inquieto Matt ha reagito nel modo a lui più congeniale: facendo musica. Chiuso nel personale studio di registrazione, coadiuvato dalla moglie Alyssa Maucere (Lord Dying, Grigax) e dal batterista Jon Reid (Lord Dying), il chitarrista/cantante ha prodotto una serie di brani confluiti poi nel progetto Pike vs The Automaton. Questo Automaton è un riferimento alla mitologia dell'antica Grecia: si tratta di una gigantesca statua animata chiamata Talos, costruita da Efesto per la difesa dell'isola di Creta, che troviamo nell'epica di Giasone e gli Argonauti. Colosso terrificante e praticamente invincibile, fu reso pazzo dalla maga Medea ed abbattuto dall'Argonauta Peante con una freccia conficcata nella vena del polpaccio, il suo "tallone di Achille". A detta dello stesso Pike, il moniker dev'essere inteso come "Matt Pike contro tutti, contro il mondo".

Ma quale direzione stilistica alimenta il presente lavoro? Beh, diciamo la verità, nulla di inconsueto o inatteso. Pike-style in tutto e per tutto, con diversi brani che potrebbero tranquillamente rientrare nel prossimo capitolo degli High on Fire o essere degli out-takes di "Luminiferous" o "Electric messiah". Niente di male, ci mancherebbe, ma la sensazione è quella di un progetto attuato d'impulso per combattere la noia e sfogare l'astio verso soluzioni sociali tutt'altro che condivise (la posizione del musicista verso la gestione della "pandemia", la propaganda politically-correct, le speculazioni economico-politiche globaliste, ecc, è ben nota).
Dieci episodi massicci e violenti, impregnati di cattiveria heavy senza compromessi e retrogusto doomy tossico, come Pike ha perseguito nell'intera carriera. Riff post-Iommiani al fulmicotone, vocals brutali al vetriolo, assoli lancinanti ed attitudine iconoclasta, il tutto corroborato dalla collaborazione esterna di gente come Brent Hinds (Mastodon), Jeff Matz (High on Fire), Steve McPeeks (West End Motel), Todd Burdette (Tragedy) e registrato da Billy Anderson. Tanta qualità, senza dubbio.
Così troviamo episodi iper-aggressivi e virulenti come "Abusive" e "Throat cobra" che testimoniano ancora una volta la mai sopita influenza Motorheadiana nel sound prodotto dal chitarrista. A sostegno dei tipici riff convulsi e ribassati, una ritmica tellurica alla "Ace of spades" che si abbatte sull'ascoltatore come un macigno scagliato dall'Automaton leggendario. Heavy metal granitico e contorni cupi, molto doomy, alimentato da un indole selvaggia e distruttiva.
Non mancano richiami al percorso tossico degli Sleep, con un passo più rallentato e reiterato ("Trapped in a midcave", la complessa e marcia "Apollyon") dove il groove diventa torbido, spesso, ipnotico, caratteristico di quella seminale stoner-doom band. Troviamo anche qualche episodio che esula dagli schemi conosciuti, ad esempio l'ottima "Land" che è un torvo folk-blues semiacustico pieno di amarezza melodica proveniente da qualche fetida palude del sud degli States, oppure una furibonda scarica punk-metal come "Alien slut mum" che pare davvero un rabbioso attacco alle convenzioni ed all'ortodossia metallica.
Per chiudere questo esteso lavoro Pike ci regala gli undici minuti di "Leaving the wars of woe", un compendio del suo stile heavy oscuro ed annichilente. Riff come macigni che si schiantano al suolo, vocals rauche ed intimidatorie, sospensioni tese e drammatiche dal vago sentore psichedelico, frustate di assoli ed atmosfera da estinzione della specie umana. Brano che oltre alla devastante carica barbarica veicola anche le vibrazioni da jam-session che hanno ispirato il musicista in quel periodo.
Un disco che fotografa un Matt Pike in ottima forma, cazzuto e determinato, pur se motivato soprattutto da impulsi di ribellione interiore ad una situazione contestuale al di fuori del suo controllo. Lavoro d'istinto, più che di ragionamento. Comunque il chitarrista ha percorso i sentieri più abituali, a parte un paio di episodi, proponendo musica che i fans degli High on Fire apprezzeranno di sicuro. Album solido, massiccio come il granito, magari un pò prevedibile ma tenuto con mano ferma nella direzione amata ed illuminato dai lampi di classe ultra-heavy di uno dei più grandi interpreti del genere.

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