Diciamo la verità … oggi i “supergruppi”, vista la loro diffusione, sono diventati più un “rischio” che una concreta forma d’attrazione. Non è difficile immaginare lo scetticismo del popolo
rockofilo di fronte a tali soluzioni artistiche, soprattutto se a proporle è un’etichetta specializzata in aggregazioni eccellenti come la
Frontiers Music.
Evidentemente
Serafino Perugino, presidente e
mastermind dell’etichetta italiana non teme le prevedibili critiche e le perplessità della comunità del
rock e prosegue imperterrito nel sostenere una visione artistica in cui l’unione tra musicisti di valore, prestigio ed esperienza può fornire un importante contributo alla causa.
Una concezione che non appare tra l’altro particolarmente “semplicistica” o limitata, tanto che, arrivando a questi
Skills, sceglie di mettere assieme veterani del calibro di
Brad Gillis (Night Ranger),
Billy Sheehan (Mr. Big, The Winery Dogs, Sons Of Apollo, David Lee Roth, …) e
David Huff (Giant), con il talento emergente
Renan Zonta (Electric Mob), considerato all’altezza di una
line-up così autorevole e stimata.
A completare il quadro arriva poi l’effige altrettanto apprezzata e rispettata di
Alessandro Del Vecchio, a inoppugnabile garanzia di un’addizionale aliquota di perizia esecutiva e compositiva (in un
team di scrittura che comprende anche
Martin Jepsen Andersen,
Pete Alpenborg,
Gui Oliver e lo stesso
Zonta).
“
Different worlds” si offre al pubblico, compreso quello maggiormente
sospettoso, nelle vesti di un ottimo albo di
hard-rock, edificato su undici canzoni suonate e interpretate in maniera impeccabile, che si muovono con disinvoltura tra le coordinate sonore delle
band d’origine (soprattutto Mr. Big e Night Ranger, direi …) e sanno essere gradevolmente “nostalgiche” senza apparire troppo autocelebrative.
Questione di attitudine e sensibilità, le stesse che, mescolate con una capacità tecnica di livello superiore e tuttavia mai “ridondante”, rendono “
Escape machine” e “
Blame it on the night” due vibranti frammenti di fascinoso e virtuoso
hard-blues.
La crepuscolare
title-track dell’opera alza ulteriormente l’asticella emotiva, grazie soprattutto al cesello di
Gillis e alla brillante prova del
vocalist brasiliano, capace d’intridere di
pathos anche la successiva “
Losing the track” uno
slow enfatico non molto “caratterizzato”, ma propugnatore di notevole suggestione.
Dopo le belle melodie di “
Writings on the wall” e della deliziosa “
Show me the way” (che piacerà ai
fans di
Eric Martin), giunge il tempo di illanguidirsi davvero con “
Just when I needed you”, la dimostrazione che spesso la semplicità di un sentimento comunicato con innata intensità rappresenta ancora una ricetta espressiva oltremodo efficace.
“
Need to fall” e “
Stop the world” sono forse i momenti maggiormente rappresentativi delle collegiali “abilità” tecnico-compositive di un gruppo che qui travalica in maniera ancor più nitida il concetto di una “estemporanea” collaborazione tra navigati
big del settore, mentre “
Hearts of stone” e la Whitesnake-
esca “
Don't break by heart” esauriscono, affidandosi nuovamente agli immarcescibili dogmi del
rock duro
bluesy e melodico, le scosse sensoriali di un programma che si ha subito voglia di riascoltare.
Un risultato, quest’ultimo, tutt’altro che banale in tempi di soffocante stagflazione discografica, ponendo “
Different worlds” degli
Skills, al di là di ogni altra cavillosa considerazione, tra gli esordi più intriganti dell’anno.