Dopo otto anni, otto ecco il nuovo album dei norvegesi
Khold; il primo incontro che ebbi con il gruppo guidato da
Gard, membro anche dei
Tulus, fu quando lessi la recensione al secondo album “
Phantom” del 2002 e l’intervista al gruppo sulla compianta e gloriosa rivista
Grind Zone.
Ora il quartetto scandinavo, debutta con questo settimo album con la label olandese
Soulseller e devo dire che sono dei fieri discepoli della nera fiamma.
Qui parliamo di un disco che parla e sente di black metal, non è roba posticcia messa lì come fanno certi personaggetti moderni per far vedere come si è cattivi con le borchie ma poi si rivelano tutta gente da divano e
Netflix; il gelo nero, tangibile, duro bisogna averlo dentro.
L’album è un viaggio maligno, oscuro come la copertina, quasi impercettibile talmente è immersa nelle tinte scure dove l’unico punto visibile è l’immagine del leader della formazione.
I brani sono quasi tutti dei tempi medi, ma non annoiano, perché i nostri conoscono e sanno plasmare bene la materia, basta sentire la malignità disarmonica di “
Helligdom av døde” dal riff che ti entra nelle vene come se fossi morso da un serpente diabolico.
Altro bel pezzo eccellente è “
Dystopi”, quadrato, pesante con un riffing quasi rock and roll imbastardito a dovere e col basso pulsante a pompare per bene.
L’unica concessione a tempi più feroci la si ha con la quinta traccia “
Manngard” dal chiaro impatto vecchia scuola norvegese che a mio parere è un toccasana.
Perciò se siete amanti e cultori del metallo nero senza compromessi o mode commerciali fatelo vostro, il gelo qui è eterno, sipario!
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