Per indole personale non sono molto avvezzo agli “azzardi”, ma superando la mia atavica prudenza, avrei sicuramente puntato una piccola somma sull’affermazione dei Vains of Jenna nell’ambito della cosiddetta
New Wave of Street Metal.
E avrei perso i miei preziosi risparmi, dal momento che nonostante il patrocinio di
Stevie Rachelle dei Tuff, un notevole
hype e presupposti espressivi molto intriganti, il gruppo ha velocemente abbandonato la scena.
Ho quindi accolto con molto interesse la nascita dei
The Cruel Intentions, capitanati proprio dall’ugola sferzante di
Lizzy DeVine, cantante originale dei VOJ.
A un disco d’esordio (“
No sign of relief”) assai promettente, segue oggi la pubblicazione di questo “
Venomous anonymous”, un piccolo ordigno sonico pronto ad esplodere nei sensi di chi freme ancora per l’immaginario alimentato dalla
L.A. stradaiola degli anni ‘80, lungo quella immaginaria direttrice artistica che partendo da Hanoi Rocks, Ratt, Faster Pussycat e Poison, conduce dalle parti di certi Buckcherry e degli Hardcore Superstar.
Insomma, tanta irruenza e sfrontatezza, ma anche dosi massicce di melodia adescante, per un programma che ostenta con analoga intensità sia l’attitudine selvaggia e
anthemica del gruppo (“
Reapercussion”, “
Kerosene”, “
Final deathroll”, “
Chemical vacation” e “
City of lice”) e sia un approccio maggiormente “ruffiano” e solare (la
title-track, un
mid-tempo vischioso davvero ben congeniato, “
Sunrise over sunset”, "
Casket case”, l’irresistibile “
Goddamn monday”), il tutto ottimamente pilotato dalla voce ruvida e tuttavia ammaliante di
DeVine.
Un paio di
ballad (“
Salt I ditt sar”, in lingua svedese, e la
bluesy “
Bad vibes”) di discreta fattura e una resa sonora adeguatamente “esplosiva” (
album prodotto,
mixato e masterizzato da
Erik “Re Mida” Mårtensson, che ha anche contribuito in fase esecutiva) completano le annotazioni da concedere a “
Venomous anonymous”, un compromesso tra visceralità e ammiccamenti veramente appagante.
I
The Cruel Intentions dimostrano come
cliché assai sfruttati possano essere ancora efficaci e al “passo con i tempi” grazie al talento e all’ispirazione innata di chi crede che il
rock n’ roll sia tuttora una faccenda fatta di divertimento, impertinenza e istantaneo coinvolgimento “fisico” ed emotivo (a cui aggiungere un pizzico d’indispensabile ironia) … “scommettiamo” che attireranno l’attenzione dei tanti
musicofili che la pensano nello stesso modo?
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