Sono passati ormai tre anni dal primo album dei
Barad Guldur intitolato "
Frammenti Di Oscurità", debutto che già presentava diverse qualità e spunti interessanti per la formazione lombarda, che peraltro si pregia di avere nella sua line-up un Grazioli, segno inequivocabile di qualità sopraffina.
Battute a parte, il "folk metal" cantato in madre lingua suonato dai Barad Guldur è assai bilanciato tra la componente folk e quella metal, seppure in maniera non omogenea, quindi troviamo brani su cui predomina decisamente quella estrema (tipo i brani più pesanti, come "
Bakunawa" o la conclusiva "
Tiamat") ed altri in cui il metal latita praticamente quasi del tutto, lasciandoci un folk/celtico - un po' per volontà della band che complice anche l'uso della lingua italiana spinge maggiormente verso questa direzione ed un po' (e non sapremo mai quanto senza parlarci) a causa della produzione piuttosto deficitaria, con chitarre assai affossate in luogo di cornamuse, ghironde ed arpe varie, ed una fastidiosa batteria (leggi: drum machine) che va assolutamente eliminata in futuro con l'inserimento di una batteria vera e dei sound realistici che non vadano a penalizzare il lavoro finale.
Detto questo, "
Vishapner" è un lavoro sebbene autoprodotto decisamente coraggioso e completo, e lo si capisce sin dall'omonima suite iniziale, nonchè dalla cura con cui è realizzato il booklet, l'attenzione per i testi nonchè la presenza di ospiti di un certo rilievo quali
Davide Cicalese dei
Furor Gallico od
Alexander Wyrd, nonchè basato su proposte e brani assolutamente non di facile presa ne' dotati di melodie catchy o ritornelli basici, anzi al contrario si nutrono di drammaticità, tinte oscure, elementi quasi distonici, tutti elementi che incoraggiano numerosi e ripetuti ascolti per entrare appieno nel mood dei Barad Guldur ed addentrarsi nel loro mondo che, giocoforza, sarà maggiormente apprezzato dagli amanti del fantasy, di Tolkien, persino dagli amanti dei giochi di ruolo (a cui sembra davvero di assistere, come nella ammaliante "
Níðhǫggr") e della musica celtica, che sapranno calarsi totalmente in questo concept album, apprezzandone tutte le caratteristiche che vanno oltre le mere composizioni musicali.
Al di la' della predisposizione di ognuno, rimangono la qualità e la ricercatezza dei brani, su cui si staglia "
Y Ddraig Goch", davvero una gemma che comunque viene accompagnata da una qualità media sempre più che valida.
Insomma, una proposta complicata e non a tutti accessibile ma che presenta tante qualità e ricercatezze e che consigliamo senza indugio a tutti gli appassionati del genere: è necessario però crescere ancora, migliorare le registrazioni (cosa non semplice in una band a nove elementi e con così tanti strumenti) in primis per quanto riguarda la batteria, ed amalgamare la proposta in maniera più continua e completa al fine di non spaccare il disco in due parti ben distinte.
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