Ci sono voluti dieci anni per poter ascoltare il secondo capitolo della saga ideata dall’instancabile
Douglas R. Docker: ne è valsa la pena? Sicuramente sì.
Mettendo per un attimo da parte il gustoso
“The Heisenberg Diaries” - uno dei quattro album “intermedi” previsti tra i cinque capitoli principali (per un totale di nove uscite complessive) - questo nuovo lavoro suona sicuramente più oscuro rispetto al suo
predecessore, e segna la nascita del
Black Swan Universe, progetto crossover che tiene unite più opere metal tra cui
The Chronomaster Project e
Vivaldi Metal Project.
Abbondano i riferimenti classici (piò o meno evidenti, come nel caso della mozartiana
“K475 W.A.M.”, con quel pizzico di atmosfere alla
Goblin che non guastano mai), così come gli episodi più propriamente rockoperistici (
“Lucy”, “The Arrow”), a cavallo tra Erik Norlander e
Shadow Gallery.
Gli arrangiamenti sono sempre una goduria per le orecchie (
“Le Chemin”, in francese,
“The Arrow”, “Pornocracy”) e valorizzano i vari guest, dall’immancabile
Amanda Somerville all’iconica
Anneke Van Giersbergen.
La cover “seria” scelta per questo full-length è la splendida
“Machine Messiah” degli
Yes, mentre il
divertissement è la conclusiva
“S.O.S. Spazio 1999”, riuscita rielaborazione del singolo degli Oliver Onions.
Complimenti a
Douglas per la pazienza, la perseveranza e il risultato finale.
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