Nel 2015 i
Venom Inc. si sono formati in una sorta di contrapposizione ai Venom di Cronos, che rappresentano la continuazione "ufficiale" della leggendaria band britannica. Ma in fatto di diritti storico-musicali, anche i
Venom Inc. non scherzano affatto. La loro genesi vede coinvolti il chitarrista
Jeff "Mantas" Dunn ed il batterista
Anthony "Abaddon" Bray, gloriosi protagonisti del periodo d'oro dei primi anni '80 ("Welcome to hell", "Black metal", "At war with Satan"), insieme al bassista/cantante
Tony "Demolition man" Dolan che, dopo aver guidato gli Atomkraft, entrò nei Venom per sostituire proprio Cronos (periodo "Prime evil") restandoci dal 1989 al 1992. Se Conrad "Cronos" Lant è certamente il personaggio ed il volto più iconico dei Venom, il contributo fondamentale degli altri musicisti alla realizzazione di un trittico di album che hanno segnato indelebilmente la storia del metal non può essere negato. In sostanza, per un fan della prima ora come il sottoscritto, questa configurazione venomiana non possiede meno fascino o credibilità rispetto all'altra.
La vera questione era capire se i
Venom Inc. si sarebbero limitati ad interpretare il ruolo di lussuosa cover-band dei tempi d'oro (questa era in pratica la richiesta di molti fans) o se avrebbero maturato una propria identità autonoma. Risposta giunta nel 2017 quando esce l'album "Avè", primo lavoro del trio
Dolan, Dunn, Bray. Disco che ripropone gli aspetti più speed, più metallici, del Venom-sound, in versione moderna e rinunciando totalmente a quelle velenose pennellate di grezzume punk che avevano esaltato i primi immortali capolavori. Un modo per allontanare lo spettro del revivalismo troppo sfacciato, ma anche di proporre qualcosa di personale senza allontanarsi dalle radici musicali della formazione. Scelta condivisibile, ma dai risultati incerti. Disco in chiaroscuro, con evidenti alti e bassi, non del tutto focalizzato. Critica e pubblico divisi da giudizi contrastanti, operazione riuscita a metà.
Adesso gli inglesi ci riprovano, con una importante novità: non c'è più Abaddon, che ha abbandonato causa dissidi interni, sostituito da
Jeramie "Warmachine" Kling, già tecnico del suono della band ed ex-componente di Inhuman Condition, Kill Division, Wombbath. Drummer poderoso e muscolare, ideale per questo tipo di sound.
L'heavy metal di questo lavoro è del tipo più massiccio, aggressivo, ferale, con un timbro molto Venomiano ma anche con una pulizia di sonorità e precisione di esecuzione che si ispira alle fasi più recenti della carriera dei britannici. Speed'n'thrash dai toni cattivi e minacciosi, guidato dall'enorme lavoro di
Mantas (rifferama devastante ed assoli micidiali) e caratterizzato dal vocione maligno di
Dolan e dal drumming terremotante di
Kling. In certi brani, vedi "
Tyrant" o "
Come to me", non trovo affatto eccessivo un richiamo agli High on Fire di Matt Pike, sia per l'impatto intimidatorio che per la ferocia oppressiva veicolata con cipiglio da macinatori di teschi. Altre canzoni mostrano un aspetto più classico, estremamente brutali con un tocco di urgenza Motorheadiana, come la selvaggia e sanguinaria "
How many can die" (da sbattimento totale), la schizzata "
Man as god" o la barbarica title-track dalla tempra d'acciaio quasi alla Slayer.
Il trio mette in gioco anche qualche tema dall'atmosfera maggiormente doomy-orrorifica, ad esempio "
Don't feed me your lies" e soprattutto "
Burn liar burn" divisa tra la prima parte evocativa e la seconda di puro black/thrash metal, ma sempre in un contesto di alta velocità e potenza squassante. L'adrenalina ed il tiro bombastico davvero non mancano a questi gloriosi veterani degli anni '80, ispiratori di intere legioni di adepti musicali.
Un paio di episodi di routine ("
Nine", "
Rampant") non modificano l'evidenza che questo album è il più massiccio, pesante e selvaggio prodotto da questa incarnazione della band, considerando le denominazioni Venom, Prime Evil e
Venom Inc. Lavoro che ci riconcilia con il metal duro e puro, muscolare e senza compromessi, primitivo e selvaggio ma con una nitidezza assai moderna.
Come detto in precedenza mancano le pennellate di grezzume punk che hanno fatto scuola tanti anni fa, ma ragionando al di fuori del sentimentalismo nostalgico sarebbero apparse anacronistiche ed un pò revivalistiche.
Dunn e soci si sono orientati verso un sound contemporaneo, mantenendo però la brutalità stordente ed inarrestabile che ha sempre caratterizzato il metal dei Venom. Prova convincente, superiore alla precedente, ideale sia per i fans di vecchia data che per gli amanti dell'heavy viscerale e velenoso.