Siamo ormai abituati agli album un po’ “pazzerelli” dei norvegesi
Tusmørke, e il nuovissimo
“Intetnett” non fa eccezione.
Si tratta in realtà di due “mini-musical” riuniti in un’unica uscita, ma la coerenza stilistica è fuori discussione. Ascolto la band e non riesco a non pensare ai Gong (
“Det beste for budsjettet”, “Undringstimen”, “Enkis sang”), con quel tocco di “flower-power” solare che alleggerisce la proposta (
“Den nye tida”, “Kunstig uintelligens”).
A volta sembra di trovarsi di fronte a dei Kraftwerk per bambini (
“Satt i system”, “Maurenes jenk”) o a dei Moody Blues lisergici (
“Synth-etisk”, “Gudenes krig”), ma non sono gli unici momenti disorientanti (penso all’assurda
“Jakelstigen”, che in realtà è
“Fra’ Martino” in salsa disco-music, o all’altrettanto folle
“Vi drikker ikke melk”) inframezzati da tante filastrocche acide e sospese (
“Verdensarvingen”, “Enki Dumuzi Absu”, “Før flommen”).
La conclusiva
“Kontrakten brytes” rievoca le origini folk della formazione, ma è un caso isolato insieme alla più canonica
“Vikaren”, che non sposta più di tanto gli equilibri di un album che è, ancora una volta, non facile da apprezzare al di fuori del circuito degli “addetti ai lavori” più temerari.
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