Sono passati cinque anni dal discreto
“Alba”, che aveva aperto un piccolo spiraglio sulla possibilità di approcciare il metal sinfonico in maniera un po’ più originale.
Oggi gli
Sleeping Romance sono una band sostanzialmente nuova (tre elementi su cinque, tra cui la cantante, non comparivano nel sopraccitato full-length) che pur di proseguire nella loro avventura hanno preferito ripresentarsi con un album che poco o nulla aggiunge a quanto già fatto negli anni da band come
Within Temptation o gli amati/odiati
Amaranthe.
Se l’introduttiva
“Of Shadows And Men” rievoca in maniera smaccata l’attacco di
“BE” dei Pain Of Salvation, il trittico che segue (
“Smoke And Mirrors”, “Call My Name”, “Ghost Shadows”) non fa altro che confermare quanto scritto in precedenza, con tanto di immancabili parti cantate in growl. A volte l’attitudine è leggermente più feroce (
“My Own Foe”), in altri momenti si strizza l’occhio al prog (
“We All Are Shadows”), ma quando si prova a fare un passo in avanti il coraggio è comunque poco (
“Resemblance Of Light”, “Haven”).
Gli episodi che vorrebbero essere più ricercati (
“Stuck In Your Head”, “Bridge Of Minds”) perdono velocemente di mordente durante lo sviluppo, lasciando un pizzico di amaro in bocca rispetto alle buone premesse del 2017.
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