Copertina 8,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2022
Durata:40 min.
Etichetta:Peaceville Records

Tracklist

  1. CARAVAN OF BROKEN GHOSTS
  2. IMPECCABLE CAVERNS OF SATAN
  3. STALAGMITE NECKLACE
  4. THE SEA BEANEATH THE SEAS OF THE SEA
  5. KEVORKIAN TIMES
  6. KOLBOTN, WEST OF THE VAST FORESTS
  7. EON 2

Line up

  • Gylve "Fenriz" Nagell: drums, vocals, bass, guitars, synthesizers
  • Nocturno Culto: vocals, guitars, bass, mellotron

Voto medio utenti

Cavoli che disco, mai avrei pensato che il nuovo parto concepito dall’ineffabile duo fosse così heavy.
L’aggettivo coniato da Fenriz e Nocturno Culto qui è calzante, ovvero puro black heavy metal, soprattutto un suono gelido come le nevi ritratte in copertina.
Già me li sento quelli che diranno che non sono più quelli di “A Blaze In The Northern Sky” o che hanno finito gli argomenti.
Fatevene una ragione, i norvegesi hanno da anni ormai deciso l’ennesima virata con coscienza, ovvero riscoprire il metal estremo degli anni ottanta con personalità.
Sentitevi l’apertura “Caravan of broken ghosts”, sembra un’epic doom metal con quelle chitarre acustiche messe all’inizio che sono una meraviglia.
Poi il tutto prende vigore con un’accelerata in up tempo con un assolo gustoso inframezzato a tempi più cadenzati.
Il terzo brano sbalordirà ancora di più chi è integralista, perché in “Stalagmite necklace” che è un brano con riff freddi e di puro metal, la voce di Nocturno Culto è riverberata e messa volutamente dietro.
Il motivo che farà un po' storcere il naso a certi talebani del metallo nero è l’aggiunta delle tastiere che invece creano un’atmosfera irreale ed inquietante.
Pezzo da novanta di questo nuovo atto è la lunga “The seas beneath the seas of sea”; sembra di sentire un profumo di scuola Angel Witch con quelle chitarre e quei tempi lenti e drammatici.
Poi arriva lo scossone di puro metallo estremo ottantiano riletto secondo lo stile dei norvegesi, ed è da leccarsi i baffi con un assolo di gran scuola per poi scemare a chiudere il cerchio con le chitarre liquide dell’incipit.
C’è persino una strumentale sinistra sorretta da pochi tocchi di percussioni e rumori nient’affatto piacevoli che porta alla chiusura con “Eon 2” che cita nel titolo la famosa strumentale del debutto targato 1991; un brano che richiama l’heavy metal ed i Celtic Frost, non solo per le vocals ma anche per i riff che sfumano in parti acustiche per poi riprendere a graffiare, il tutto è gelido, oscuro e cupo ma ecco che poi arriva il cambio di passo con quell’assolo che è perfetto e mette la fine al tutto.
Veniamo a noi, sicuramente i nostalgici del bel tempo che fu, avranno di che lamentarsi, ma io apprezzo lo spirito dei Darkthrone, perché che vi piaccia o meno, loro se ne fregano e vanno dritti per la loro strada!
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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