L'espressione "
è sempre la solita minestra" non è certamente lusinghiera in campo culinario nè, per estensione, in campo musicale.
Ma se ingredienti comuni quali pane, zucchero e latte, utilizzati giorno dopo giorno dopo giorno sino a renderli una routine insapore, vengono dati ad esempio al genio di
Massimo Bottura ecco nascere il capolavoro in grado di deliziare ogni palato.
I portoghesi
Moonshade - pur non arrivando alle soglie del capolavoro - fanno proprio questo: riprendono gli ingredienti del death melodico usati dai soliti noti
In Flames, Dark Tranquillity, Omnium Gatherum, Anterior, Mors Principium Est, primi
Amorphis ecc ecc ecc (continuate voi l'elenco) e li riutilizzano creando "
As We Set the Sky Ablaze", il disco che si candida ad essere la miglior uscita di genere dell'anno.
"
Essere umani significa conoscere, amare, odiare, crescere, creare e distruggere.
As We Set The Skies Ablaze parla della grande avventura dell'uomo, affrontando poeticamente tutte le sue meraviglie, gli orrori e le più grandi sfide che dobbiamo affrontare per diventare gli unici Dei che siano mai esistiti veramente.
Da scimmia a uomo, da titano a dio. Dall'Homo erectus all'Homo sapiens e dall'uomo moderno all'Homo deus. L'orizzonte della conoscenza umana è eterno, sconfinato, un viaggio senza fine che non richiede una meta, perché il suo valore è intrinseco.
Possiamo incendiare i cieli e, quando le fiamme si placano, guardare con stupore la vastità degli orizzonti eterni dell'Universo, con tutte le sue meraviglie e i suoi orrori."
Questo è il focus che il quintetto di Porto sviluppa nel secondo album della carriera: la natura dicotomica dell'uomo, capace di cose sorprendenti e quasi incredibili, eppure distruttore dello stesso pianeta da cui dipende per nutrirsi.
"
As we set the sky ablaze" vive di contrapposizioni, di estremi, di riff pesantissimi avvinti ad afflati melodici toccanti, di vocals ringhianti ed abrasive (giù il cappello di fronte alla prova di
Ricardo Pereira dietro il microfono!) cui fanno da contraltare i passaggi eterei affidati alla brava
Sandra Oliveira dei
Perennial Dawn (in "
Artemis").
I
Moonshade si reggono a meraviglia a cavallo tra i due mondi, amano questo equilibrio instabile, lo si apprezza nelle stratificazioni complesse tra partiture di tastiera, guizzi di chitarra, ritmi ora urgenti (l'opener "
Epitaph") ora più rallentati e dilatati (la splendida "
Everlasting Horizons").
La band ha una versatilità ed una solidità incredibile, ed anche al netto di alcuni piccoli inciampi ("
Artemis" e la conclusiva "
A Treatise of Human Nature" hanno fatto calare il mio interesse), ha confezionato un lavoro che in un mondo giusto riceverebbe plauso incondizionato.
Ah dimenticavo!
Gustatevi mister
Fernando Maia dietro le pelli: preciso, granitico, incombente (andate al cambio di passo verso la metà di "
The Antagonist") come il genere richiede.
Ho detto anche troppo: adesso sta a voi.
Moonshade - "
As We Set the Sky Ablaze"
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