Il Forum di Metal.it è sempre foriero di interessanti suggerimenti, e da uno di questi, da parte del puntuale e competente
Paul_Diamond, ho recuperato questo album, incredibilmente - come il suo predecessore peraltro - non supportato da alcuna casa discografica.
Gli
Steel Arctus arrivano dalla Grecia e sono stati formati solo nel 2020 dal chitarrista
Nash G. (Silvernite, Nash B.C.) e "
Master of War" è il loro secondo album, dopo l'esordio "Fire and Blood", due lavori indirizzati ad un potente ed epico Heavy Metal, intenso musicalmente e cantato in maniera superba da
Tasos Lazaris (anche negli Hyperfuel e Fortress Under Siege, oltre ad aver partecipato al progetto Battle Symphony). Ai due musicisti sopracitati si aggiunge il batterista portoghese
Xines, mentre il basso è stato suonato da
Stratos "Strutter" Karagiannidis che, assieme a
Nash G., ha condiviso sia le tastiere sia il ruolo di produttore e che poi mixato e masterizzato l'album.
Su "
Master of War" ritroviamo anche il guerriero
Steel Arctus che in questa nuova avventura Fantasy è in lotta contro le forze del regno di Hades, brandendo il suo martello, pronto a colpire i suoi nemici e accompagnato da un Heavy & Epic Metal che ha saputo cogliere in egual misura influenze dallo US Metal e dal Power europeo, con queste ultime che erano invece maggiormente percepibili nella sua precedente avventura sui monti greci del Pindo, quella raccontata da "Fire and Blood", dove si coglievano maggiori riferimenti a gruppi come Nocturnal Rites, Persuader o Steel Attack.
La titletrack, piazzata in apertura dell'album, evidenzia sin da subito di un approccio epico e battagliero, con un coro in odor di Grave Digger e il cantante
Tasos Lazaris che pare ispirato dalla lezione dal mai troppo compianto Midnight e da Chris Boltendahl, ma anche da Harry Conklin e Ralf Scheepers. La marcia di
Steel Arctus contro i suoi nemici prosegue imperterrita, su brani pulsanti e spediti come "
Midnight Priest", "
Flames of Hades" e la priestiana "
God of Fire", e se si concedono qualche refrain ammiccante, le chitarre di
Nash G. sono sempre taglienti e affilate ed il drumming di
Xines imperioso.
Ecco però che un po' a sorpresa su "
Cry for Redemption" - che ritroveremo poi come bonus in una versione strumentale – veniamo accolti da delle sonorità folkeggianti che hanno poco a che fare con il regno dei morti, ma il brano funziona piuttosto bene, grazie anche all'approccio vocale di
Lazaris che non lesina sugli acuti.
Gli
Steel Arctus si concedono un attimo di quiete con l'evocativa e trionfale "
Glorious Days", giusto il tempo di riprendere fiato ed eccoli tornare nella mischia con "
Hear My Battlecry" e "
Black Mountains", più teutonica la prima e più vicina allo US Metal (con un pizzico di Queensrÿche e Iced Earth) la seconda, prima di congedarsi con il breve strumentale "
Nekyia", richiamando dall'Ade le anime dei defunti per essere interrogate sul futuro.
Non è comunque necessario dover ricorrere a riti divinatori per cogliere il potenziale degli
Steel Arctus, che con "
Master of War" si mostrano maturati e in gran spolvero, in grado di rivaleggiare, tra gli altri, anche con degli autorevoli connazionali come Battleroar, Chronomancy, Sacred Outcry e Dexter Ward.
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