Esordio discografico, tanto ambizioso, quanto estremamente complicato da digerire, quello dei britannici Elderseer, con il loro Drown In The Shallowness, uscito per la Meuse Music Records, la cui qualità musicale, sfortunatamente, non rispecchia la bellezza sprigionata dal suo affascinante artwork.
Gli inglesi, guidati da Barry Copestake (voce e chitarra), Ewan Parry (chitarra) sostituito recentemente dall’ex-Pagan Altar Vinny Konrad, Freddie Parisis (basso) e Richard Hartley (batteria), ci propongono un lavoro pieno di luci (poche) e ombre (tante) che, alla lunga, non convince, rivelandosi estremamente confuso e, soprattutto, oltremodo ripetitivo.
Il sound degli Elderseer è una miscela mal distribuita di elementi differenti, che spazia dal doom al death, passando per il gothic, il funeral, ma anche per il folk; si tratta di sonorità che non sempre si combinano armonicamente tra loro, anzi la band sembra voler far convivere forzatamente queste diverse sfumature che, inevitabilmente, finiscono per stridere tra loro.
I Nostri poi, probabilmente per rendere il "polpettone" leggermente più digeribile, in corrispondenza di determinate tracce, come la title-track o Gilded Shackles, ricorrono furbescamente ad un pizzico di psichedelia, sia nelle line vocali, sia attraverso l’utilizzo delle tastiere, tramite il synth o anche passando da un pianoforte pulito ma, ancora una volta, lo fanno in maniera sconclusionata, senza una logica, finendo, in questo modo, per alimentare ulteriormente il caos che regna all’interno delle composizioni.
Le canzoni contenute all'interno di questo lavoro inoltre, tutte di durata considerevole (almeno sopra i 7 minuti!), seguono delle ritmiche cadenzate ed un andamento assolutamente regolare ed ipnotico, cercando probabilmente di giocarsi il tutto per tutto sull’impatto emotivo, ma questo tentativo, alla lunga non paga anzi, fallisce miseramente ed i brani finiscono per rivelarsi troppo scontati, sfociando in una banalità alquanto irritante.
Forse sono troppo severo?
Può darsi, anche perché in realtà non tutto il disco è da buttare.
Vi sono, a onor del vero, degli episodi con dei buoni spunti, come l’onirica This Aesthetic Life, ma soprattutto la conclusiva Bind Us As One, pezzo finalmente articolato e di intensità emotiva crescente eppure, anche in questi casi, alla lunga, i brani finiscono per eccedere in durata e linearità, risultando cosi, una volta ancora, monotoni.
Drown In The Shallowness, si rivela purtroppo un lavoro borioso ed estremamente confusionario, sia nella forma, che nel contenuto; arrivare alla fine del disco assume i connotati di un'autentica impresa ai limiti dell'umana sopportazione!
Gli Elderseer avrebbero probabilmente come obiettivo quello di voler combinare numerosi elementi, per rendere il loro stile musicale più vario e coinvolgente, ma lo fanno in maniera forzata ed assolutamente disordinata, ottenendo il risultato completamente opposto, ripetendo sempre il medesimo canovaccio ed allungando oltremodo le composizioni che, in tal modo, si rivelano troppo ovvie lasciando, poco o nulla, nell’ascoltatore.
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