Tornano i
Khymera (ormai) di
Dennis Ward e lo fanno in palese continuità con il precedente “
Master of illusions”, e cioè con un albo di squisita fattura melodica, capace di compensare qualche piccolo momento di “stanca” con brani di prepotente impatto emotivo.
Nessuna “sorpresa” dunque (a meno che consideriate tale l’ingresso di
Michael Kolar dietro i tamburi …) per un disco che ciononostante non faticherà a conquistare i favori dei
fans del gruppo e più in generale chi adora i suoni
adulti, accattivanti e magniloquenti.
In tanta opulenza, non nascondo però che da “
Hold your ground” mi aspettavo addirittura di più, il ritrovamento di quella “scintilla” che per esempio aveva contraddistinto, senza voler andare troppo indietro nel tempo, quel “
The grand design” che per quanto mi riguarda ostentava una migliore e maggiormente focalizzata gestione di tutti i (nobili)
cliché del settore.
Poco male, in realtà, anche perché sono sufficienti le pulsazioni crepuscolari di “
Don't wait for love” (non lontane da certi Treat) per arginare ogni eventuale scoria delusiva, di certo non pressante nemmeno quando la contagiosa linea armonica di “
Firestarter” s’insinua irrimediabilmente nella corteccia cerebrale del
rockofilo affezionato.
“
Hear me calling”, un
mix di Tyketto e
Bryan Adams, e l’
ottantiana “
Sail on forever” (qualcosa tra Bon Jovi e House Of Lords) confermano l’abilità della
band nel trattare la materia, e tuttavia, come dimostra la
ballad vagamente I-Ten-
esca “
Our love is killing me”,
Ward e i suoi
pards sanno intridere di superiore tensione espressiva le loro interpretazioni musicali, arrivando a conferire a “
Hear what I'm saying” un intrigante afflato evocativo e a "
On the edge” una coinvolgente urgenza melodica, con la chitarra di
Michael Klein in bell’evidenza.
“
Believe in what you want” (che fa tesoro dell’immarcescibile retaggio Journey / Survivor) e "
Could have been us” sono nuovamente momenti di confortevole e preziosa “familiarità” e se il
refrain della vivace “
Runaway” è un efficace elogio alla spensieratezza, con “
Am I dreaming” i
Khymera dimostrano a chi ancora non ne fosse consapevole che l’
hard-pomp è un campo in cui sanno muoversi con innata destrezza.
“
Hold your ground” è complessivamente un disco di valore, destinato ad un pubblico di appassionati che non si indispettisce di fronte ad un pizzico di “prevedibilità” non molesta … se vi riconoscete in tale categoria, sapete cosa fare.
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