Copertina 7

Info

Anno di uscita:2022
Durata:24 min.
Etichetta:Deformeathing Production
Distribuzione:Heavision

Tracklist

  1. ROTEND
  2. GORELUCIDNATIONS
  3. MENTAL RAMPAGE - MENTAL CARNAGE
  4. A MODERN LOBOTOMY (A PERILOUS CONFESSION)
  5. THE BRAIN
  6. HEY YOU! BROADCAST THIS BLOODY VOMIT!
  7. INFESTATION OF A WORMIC SOUL
  8. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI
  9. TOTAL UNDERGROUND
  10. DIE! MOTHERFUCKER! DIE!
  11. GAGGED
  12. PREACHERS OF TURMOI
  13. COLORADO BEETLE
  14. PATHOMECHANISM
  15. TBX
  16. LEFT FOR DEAD
  17. CHILDREN OF THE ROT

Line up

  • Dyvan: vocals
  • Kiszka: bass, vocals
  • Misiek: guitars
  • Surowy: drums

Voto medio utenti

Gli Epitome sono in attività sin dai primi anni '90 e si rifanno vivi, dopo un silenzio discografico di ben otto anni, con questo nuovo album, scagliando e comprimendo in una mezzora ben diciassette brani. Facile intuire, anche per chi non conosce i trascorsi della formazione polacca, che si possa trattare di Grindcore, come peraltro si poteva comunque immaginare leggendo titoli come "Infestation of a Wormic Soul", "Die! Motherfucker! Die!" o "Children of the Rot". Eppoi la copertina dell'album non trasmette di certo immagini bucoliche, no?

E il contenuto è sporco, brutale, morboso, allineato al pezzo di carne in putrefazione che hanno piazzato sulla copertina dell'album, e mi verrebbe da contraddire l'autorevole William Shakespeare, visto che "non c'è del marcio solo in Danimarca", ma pure in Polonia, e gli Epitome ce lo hanno già ricordato nei titoli dei loro precedenti quattro full length, dove ritroviamo sempre il suffisso "ROT", una tradizione cui ci attiene anche l'ultimo nato: "ROTend". Un lavoro, dove gli Epitome non si distaccano nemmeno dagli standard musicali perseguiti nelle precedenti uscite, un Brutal & Grind Metal ispirato da Mortician (dei quali in passato hanno inciso un paio di cover), Exhumed, Carcass, Brutal Truth, Pig Destroyer e dalla miriade di band del settore a me sconosciute, che ritroviamo anche su "ROTend", proposto con la consueta solidità, coerenza e senza concedere requie, per quanto, all'insegna di una cronica instabilità della line-up, si debba registrare l'ingresso di un nuovo cantante, Dyvan (con esperienze negli Underdark e nei Rotengeist).

Ecco così che l'iniziale titletrack si impenna, dopo un ingannevole avvio sabbathiano, su ritmi feroci e asfissianti, sui quali Dyvan ringhia, con brutale ferocia e meccanica precisione. I brani partono sempre, seppur con diverse soluzioni e velocità d'esecuzione, sotto la spinta di quel mantice infernale che si rivela essere la sezione ritmica composta da Kiszka e Surowy (quest'ultimo uscito recentemente dalla band), e lo fanno anche nell'avvio jazzato di "Preachers of Turmoi".

Diciassette mazzate sui denti e ai padiglioni auricolari, visto che si passa da una traccia all'altra senza soluzione di continuità e quasi senza potersene rendersene conto, sia per la marcata uniformità delle canzoni, sia perché le stesse non lasciano il tempo di rifiatare.

I patiti del genere troveranno pane (temo raffermo...) per i loro denti.



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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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