Se masticate un po’ il thrash metal sicuramente ricorderete una band degli anni ’80 che non ha avuto la fortuna di tanti altri gruppi dell’epoca, gli Atrophy. Autori di soli due album di solido thrash, “
Socialized hate" del 1988 e il più valido “
Violent by nature” del 1990, si sciolsero di lì a poco e di loro si persero tutte le tracce per ben ventidue anni, fino a quando, nel 2015, seguendo la scia di tante altre band degli eighties che provavano ad avere una nuova chance, si riunirono con 3/5 di line up originale. Come spesso accade, però, le cose tra i vecchi membri non sono andate come previsto, e c’è stata la classica separazione, con il singer
Brian Zimmerman che ha mantenuto il moniker originale, e il drummer
Tim Kelly che ha formato, appunto, gli
Scars Of Atrophy.
Inquadrata la proveniente della band, andiamo ora ad analizzare
Nation divide. Si tratta di un EP apripista di soli quattro brani, in attesa dell’arrivo del primo full length. Il punto di partenza è quello che era lecito aspettarsi, e cioè un thrash metal di chiaro stampo old school, perlomeno per quanto riguarda il riffing e le ritmiche.
Robert Stein, il chitarrista, si è occupato del 90% del songwriting, ed è stato molto bravo a portare avanti il sound del gruppo, creando una sorta di continuità con “
Violent by nature”. Al tempo stesso, però, la band ha attualizzato il proprio sound grazie ad una produzione più al passo coi tempi, che rende i brani potenti e ‘rotondi’. La cosa, invece, che non mi ha convinto particolarmente, è la prestazione del singer
Mike Niggl, forzatamente incazzata dalla prima all’ultima nota cantata, ma in maniera molto poco incisiva. Le linee vocali sono un po’ piatte, e a lungo andare il cantante appare come una sorta di fotocopia sbiadita di Chuck Billy, il quale, è inutile che stia qui a dirvelo, è capace di ben altre performance.
Nation divide non è un brutto EP, anzi... in un quarto d’ora preciso riesce a far capire le intenzioni della band, e se il punto di partenza è questo, con l’arrivo del full potrebbero esserci gradevoli sorprese. Personalmente avrei gradito una prova più inquadrata da parte di
Niggl, come già detto, e un po’ di dinamica in più a livello compositivo, ma è anche vero che quattro brani sono troppo pochi per poter effettuare un’analisi approfondita, per cui per ora promuovo gli
Scars Of Atrophy e aspetto l’uscita dell’album per il giudizio definitivo.
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