Giusto a metà strada tra Stoccolma e Goteborg troviamo un piccola cittadina, chiamata Minneapolis e sperduta nella riserva naturale di Bromseby, dove le ultime tendenze in fatto di Swedish Death Metal non hanno ancora attecchito e i
Majesties ancora hanno sul loro piatto e nei loro CD-Player, album come "Slaughter of the Soul", "The Gallery", "Lunar Strain", "A Velvet Creation", "Ancient God of Evil" o "World of Myths".
Ok. Non sarò forte in geografia, e Minneapolis si trova in realtà negli USA e per essere precisi nel Minnesota, ma non credo di sbagliarmi nell'affermare che "
Vast Reaches Unclaimed" sia una delle più fedeli e riuscite proposte in campo Melodic Death Metal degli ultimi tempi.
Non si tratta comunque degli ultimi arrivati, infatti, questo terzetto è formato da musicisti con un interessante background,
Tanner Anderson è l'anima (oscura) degli Obsequiae, nei quali canta, suona il basso e la chitarra, mentre
Matthew Kirkwold e
Carl Skildum non solo rinforzano gli Obsequiae dal vivo, ma militano anche negli Inexorum e negli Antiverse, due realtà che si muovono sul confine tra Death e Black Metal.
Come già anticipato, "
Vast Reaches Unclaimed" batte altri sentieri rispetto all'Epic Medioeval Black Metal degli Obsequiae, e al più mostra qualche punto contatto con la proposta degli Inexorum o degli Antiverse, ma l'approccio è sicuramente differente, infatti, dove le formazioni appena citate sono spesso e volentieri interessate alla ricerca della soluzione più singolare e ricercata, i
Majesties sono solo fermamente intenzionati a riportare in vita il Goteborg Melodeath.
E lo fanno alla grande.
Per quasi quaranta minuti.
Quelli cui si scompone "
Vast Reaches Unclaimed", che inizia con l'abbrivio bruciante di "
In Yearning, Alive", dove
Tanner Anderson si staglia tra Anders Frieden e Thomas Lindberg, e assieme ai riffs, le melodie e gli assoli, il tutto ci riporta indietro nel tempo, negli anni '90, quando il Melodic Death Metal dominava ancora scevro da contaminazioni e sperimentazioni. Ogni singolo pezzo è convincente, e se "
Our Gracious Captors" si segnala per il suo guitarwork vario ed ispirato, registriamo l'efficacia di una "
Verdant Paths to Radiance" che non avrebbe stonato su "The Jester Race" e dopo aver tentato di schivare un montante da parte di "
City of Nine Gates" possiamo quasi cogliere un tenue legame con gli Obsequiae nel mood malinconico e oscuro in alcuni dettagli di "
Sidereal Spire" o della conclusiva "
Journey’s End".
Tante singole eccellenze, ma è nel suo complesso che "
Vast Reaches Unclaimed" convince e vince a man bassa, per la qualità della proposta, che arriva anche piuttosto inaspettata e per questo ancor più gradita.
Resta ora da capire se i
Majesties avranno la possibilità di portare su un palco la propria proposta musicale e ad anche dare un seguito discografico, per ora possiamo/dobbiamo accontentarci di questa piacevole operazione di ripasso.
Let's do the Time Warp again
It's just a jump to the left ... to the Death
And then a step to the right ... to the Black
Metal.it
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