Eccomi qui a trattare il nuovo parto discografico dei danesi, a cinque anni dal precedente.
Ma c’è una novità, perché dietro il microfono c’è stato un cambio con l’entrata del giovane
Mathias Uldall e devo dire che se l’è cavata più che egregiamente.
Il disco viene aperto da una strumentale acustica per poi dare libero sfogo alla titletrack; composizione che risente di una innervatura hc tanta è la veemenza; sicuramente non farà prigionieri dal vivo e c’è anche un bel solo armonizzato.
Album che non ha fronzoli, vuole dettare la linea in campo thrash/death, basta ascoltare il proiettile “
Gravedigger”, velocità, dinamicità e quei riffing che sono una goduria; il nuovo frontman se la cava alla grande alternando un tono urlato a growl cavernosi con cambi di tempo e il solo è di bella fattura melodica.
La formazione non sa solo correre ma anche scrivere pezzi atmosferici e cupi come “
Darkspawn” che parte lentamente con un riff mortifero poi si torna a picchiare ma con ritmi alternati a mid tempo serrati.
Con “
Brand of sacrifice” si va su tempi cadenzati con pesantissimi riffing, voce in scream ma con aperture pulite ed in growl, segno della versatilità del vocalist.
Pezzo cupo, pessimistico con parti doom ed una sezione centrale che richiama atmosfere oscure per poi tornare al punto di ritorno con il chorus.
E per aggiungere pepe al tutto c’è la cover stravolta di “
Another piece of meat” degli
Scorpions e un brano live.
Buonissima prova, sarà forse per il nuovo innesto, ma gli scandinavi appaiono convinti e confezionano un undicesimo sigillo privo di sbavature.
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