Avevamo lasciato i connazionali
ifsounds con l’ambizioso
“An Gorta Amór”, un’opera indubbiamente personale che però non mi aveva convinto del tutto.
Il nuovo
“MMXX” mi pare un deciso passo in avanti, un
“lavoro nuovamente concettuale, incentrato sui drammi della contemporaneità, a partire da ciò che resta della pandemia” che parte dall’art rock per arrivare, con garbo, ben più lontano.
La lunga e sfaccettata titletrack unisce sapientemente il passato più remoto - i cori di ispirazione palestriniana - con quello più recente, dal rock progressivo italiano agli intermezzi strumentali zeppeliniani, dagli intrecci vocali complessi e teatrali ai testi profondi e immaginifici, tutto condito con una sana dose di strumentazione analogica.
È il groove a caratterizzare la bipartita
“The Collector”, mentre
“Stendhal Syndrome” spicca per i tratti canterburyiani.
“Kandinsky’s Sky” si muove tra pop sinfonico e hard rock, prima delle atmosfere jazzate dell’articolata e sostanzialmente strumentale
“MMXXII”.
Complimenti.
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