La seconda prova solista di
Ray Alder è in linea con il precedente
“What The Water Wants”, tra inevitabili rimandi prog ai
Fates Warning che furono (
“This Hollow Shell”, “Those Words I Bled”) e brani dal rifframa più feroce che non rinunciano però alla melodia (
“My Oblivion”, “Hands Of Time”).
Gli episodi più convincenti sono senza dubbio quelli più ricercati e moderni (
“Waiting For Some Sun”, “Keep Wandering”), mentre un po’ di stanca compositiva si avverte nelle meno riuscite e fin troppo lineari
“Silence The Enemy” e
“Passengers”.
La chiusura è lasciata all’ottima
“Changes”, lunga cavalcata elettrica dai toni epici che mette in evidenza l’enorme talento naturale del cantante americano.
Mezzo punto in meno per il titolo particolarmente originale e ispirato.
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