Linus Klausenitzer, bassista tedesco meglio conosciuto per aver suonato negli
Obscura dal 2011 fino al 2020, incidendo con loro due dischi:
“Akroasis” (2016) e
“Diluvium” (2018), arriva nel 2023 con
“Tulpa” alla fatidica tappa del suo debut album come solista, che uscirà ufficialmente il sei ottobre tramite la
AOR Records. Linus si fa affiancare da musicisti noti nell’ambito del Progressive Death, e soprattutto sono soggetti con cui ha già lavorato nelle sue altre band. Ad accompagnarlo nel progetto dunque troviamo chiamati all’appello:
Hannes Grossmann (Alkaloid, Solo, Obscura) – drums;
Christian Münzner (Alkaloid, Solo, Obscura) – guitars;
Florian Magnus Maier (Alkaloid, Noneuclid) – guitars/vocals;
Sebastian Lanser (Obsidious, Obscura) – drums;
Rafael Trujillo (Obsidious, Obscura) – guitars. Già leggendo i nomi possiamo intuire cosa ci aspetterà durante l’ascolto di “Tulpa”, ovvero un full-length all’insegna del Progressive Death, carico di melodie, ricco di tecnicismi e di contaminazioni con altri generi, che non si discosta più di tanto da quella che era la proposta degli Obscura negli album in cui il bassista tedesco ha suonato, ed infatti è proprio così.
Il platter è composto da 10 brani per un totale di 52 minuti, non poi troppi visto e considerato il genere. Come già accennato, si tratta di un Death dai caratteri progressive, recante con sé una forte impronta Swedish dai toni spesso epici derivati dalle molte influenze Power/Heavy – come si evince fin da subito dall’opener
“King of Hearts” –, in particolar modo per quel che attiene il lavoro delle chitarre, ma anche per il cantato, che si distende tra scream più melodici, growl brutali e qualche clean vocals (per esempio in
“Our Soul Sets Sail”).
Il prodotto alterna sonorità pesanti a passaggi più dolci e melodici, senza timidezza alcuna nel pescare dalla musica classica (molto belle le numerose scale presenti su svariate tracce), la quale imprime un marchio piuttosto forte su tutto “Tulpa”, si pensi a brani come
“Axiom Architect” o
“Sister In Black”, giusto per volerne citare un paio.
Come era facile immaginarsi in tutto ciò Klausenitzer si ritaglia un ruolo da vero e proprio protagonista, il suo basso è più in evidenza che mai e si destreggia bene in tutte le stratificazioni presenti all’interno dell’LP, dimostrando un grande gusto melodico, e pur non disdegnando il virtuosismo, riesce a fare in modo tale che questo non diventi fine a sé stesso.
Fortunatamente il bassista tedesco dimostra di essere in grado di tenere a bada il proprio ego, ritagliandosi sì un ruolo da protagonista, ma lasciando al tempo stesso l’adeguato spazio a tutti i suoi collaboratori.
Tutto questo è sostenuto da un grande lavoro di produzione e di registrazione svolta al
Woodshed Studio, senza la quale non sarebbe stato possibile godere di tutte le molteplici sfaccettature del lavoro in questione.
Gli apici del prodotto a mio parere sono rinvenibili nelle già citate
“Axiom Architect”, “Our Soul Sets Sail”e “Sister in Black”; in
“The Devil’s Tongue” e nella conclusiva
“Lunar Assailant”.
Il debut di
Linus Klausenitzer è un buon disco Prog-Death; in esso non vi si trova alcun tipo di nuova invenzione, ma la pluralità di istanze musicali ivi rappresentate si dimostrano coese tra loro. È un LP adeguato agli amanti del genere, dai suoni moderni, raffinato, sofferto e con un’anima che mira alla trascendenza.
Recensione a cura di
DiX88
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