Il debutto eponimo di
Mitch Malloy è una di quelle “piccole gemme” del
rock melodico che meriterebbero di essere presenti nelle collezioni di tutti gli appassionati del genere (in caso contrario, provvedere subito alla doverosa “riscoperta” …) e un po’ tutta la sua carriera artistica (tra prestazioni individuali, collaborazioni prestigiose e la recente esperienza con i Great White, da poco conclusa) si può tranquillamente considerare di buon livello, complessivamente degna di considerazione e stima.
Eppure, perlomeno dalle nostre parti e se escludiamo gli “specialisti” del settore, il suo nome è forse più legato al fatto di essere stato in predicato di entrare nei Van Halen (in sostituzione di
Sammy Hagar … la scelta finì per ricadere su
Gary Cherone, con i risultati che sappiamo …) che non per i suoi meriti musicali, anche in questo nuovo “
The last song” davvero spiccati, a patto che amiate i suoni del
rock n’ roll adulto di chiara ispirazione americana, mescolati con il
blues e intrisi di sentimento.
Una “roba”, volendo fornire qualche indicazione stilistica di massima, tra
Jeff Paris,
Bryan Adams e i
Tyketto, il tutto pilotato dalla voce pastosa e graffiante di un eccellente cantautore, che nello specifico si occupa anche di tutti gli strumenti e della produzione.
Un lavoro svolto in piena e assoluta autonomia (la
Godsend Records è altresì l’etichetta discografica di proprietà dello stesso
Malloy) che certifica l’enorme competenza del nostro, abilissimo nel condurre la battente linea armonica del
rootsy-AOR “
I'm living in Paradise” e praticamente perfetto quando si tratta di assecondare le grintose pulsazioni di “
One of a kind”, uno degli
highlight dell’opera.
Categoria a cui si aggrega senza dubbio alcuno pure la successiva “
Using this song”, un gioiellino di appassionato romanticismo splendidamente interpretato dal
vocalist statunitense, specializzato in
ballad di pregio.
“
My pleasure” riprende ad artigliare i sensi degli appassionati in maniera più pragmatica, ma per ritornare veramente ai momenti di maggior interesse dell’
album bisogna arrivare a “
Building a bridge”, un
hard-blues pregno di avvolgente magnetismo, al raffinato dinamismo e al
refrain contagioso di “
I'll find a way” e a “
You're the brightest star”, un vibrante frammento sonico con impresso in maniera evidente sul pentagramma il marchio
made in USA.
Appena meno efficaci appaiono “
Sometimes love”, un po’ troppo “scontata” nonostante le intriganti stratificazioni vocali, e le patinature dello
slow soulful “
I see you”, mentre la
title-track dell’albo è un altro racconto tipico del
rock a stelle e strisce, un suggestivo viaggio tra polvere e
Highway assolate.
“
The last song” è un disco da fare proprio per "stupirsi" di come la “semplicità” di belle canzoni sature di genuina carica emotiva sappia ancora sconfiggere ogni eventuale accusa di prevedibilità, riportando il talento cristallino di
Mitch Malloy nelle zone alte della scena di riferimento.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?