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Church of Misery a ben sette anni di distanza dall’ultimo lascito discografico e, senza tanti giri di parole, i giapponesi rischiano di aver fatto il loro album migliore, per lo meno fino ad oggi.
Piccolissimo recap per chi non li conoscesse: il quartetto nipponico ha una devozione assoluta nei confronti dei primi
Black Sabbath (specialmente per quelli di “
Master of Reality” e di “
Vol.4”) e sono cresciuti a riso, pantaloni a zampa d’elefante e serial killer.
Esordio pubblicato più di vent’anni fa dalla
Southern Lord Records e ultimi album usciti con la
Rise Above Records.
Ma
Church of Misery non ha solo conquistato i cuori di tanti doomsters, ma pure quello di molti amanti dello Stoner, perché la sua musica guarda con tanta attenzione all’Hard Rock dei primi anni ’70 e al Rock Psichedelico di fine anni ’60.
Ecco che insieme alla morbosa attenzione verso le gesta raccapriccianti di questo o quel serial killer e ad un amore smisurato per il Doom di matrice americana (
The Obsessed), c’è pure un fortissimo flavour Hard/Psych (
Blue Öyster Cult) testimoniato con grande forza anche dalla cover di “Spoiler” di
Haystacks Balboa.
Tutto questo come si traduce in musica?
Significa che, oltre ai classici riffs di chitarra sporchi e grassi, c’è un bel basso effettato e saturo, una batteria secca e ruspante, oltre che una voce roca e ruvida: ciò comporta, insieme ad un’effettistica travolgente (Wah Wah a pioggia, letteralmente… e poi c’è chi si lamenta di
Kirk Hammett, pfff, pivelli!), al sentore Boogie/Blues che spunta di tanto in tanto, che questo “
Born Under a Mad Sign” risulta essere sorprendentemente dinamico.
Cinquantatré minuti di musica che, non solo sono fortemente ingannevoli per quanto riguarda la provenienza geografica dei musicisti (sonorità più americane di così è letteralmente impossibile farle!), ma sono pure un manuale su come comporre, suonare e registrare un disco Doom/Stoner nel 2023.
“Japan Bloody Japan”: in una sola parola, notevole.
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