Copertina 7

Info

Anno di uscita:2022
Durata:27 min.
Etichetta:Blackened Recordings

Tracklist

  1. MAIDEN AND THE MONSTER
  2. THE JINN
  3. HIGH PLAINS DRIFTER
  4. INCANTATION

Line up

  • Kirk Hammett: guitars
  • Edwin Outwater: orchestrations

Voto medio utenti

Ecco che come un fulmine a ciel sereno arriva il debutto solista di Kirk Hammett.
Clamoroso al Cibali direbbe un commentatore sportivo, perché la band madre ha sempre osteggiato in passato qualsiasi iniziativa “irregolare” fuori dal recinto, vedasi l’accusa che la coppia Hetfield / Hulrich ha sempre indirizzato all’ex bassista Jason Newsted di occuparsi dei troppi progetti paralleli e non concentrarsi abbastanza coi four horsemen.
Forse l’età porta saggezza, oppure ad essere maligni c’è da dire che il chitarrista è parte integrante della band quasi fin dalle origini, dato che è stato lui a sostituire l'incontrollabile Dave Mustaine per stabilizzare una formazione che era in rampa di lancio negli anni ottanta, mentre l’ex Flotsam And Jetsam era stato sempre visto come un corpo estraneo, come colui che “aveva preso il posto del caro amico Cliff Burton”.
Ora veniamo all’oggi, ed abbiamo un Ep di ben quattro brani che dura meno di mezz’ora dove il chitarrista californiano va a briglie sciolte, difatti difficilmente troverete tracce dei Metallica.
Partiamo con l’apertura, che inizia con un arpeggio dove fraseggia una chitarra dal chiaro sapore hard, all’interno c’è un solo spagnoleggiante sorretto da orchestrazioni che danno un pathos drammatico a tutto il piatto che si irrobustisce sul finale.
The jinn”, risente di un climax cinematico, dove la sei corde dialoga con gli strumenti acustici condotti da Edwin Outwater, conosciuto già per aver contribuito sul secondo capitolo live orchestrale dei quattro di Frisco.
Si sente un profumo epico dove la batteria interviene con pochi ma decisi tocchi e lasciando lo spirito del chitarrista di colpire duro o di accarezzare le note con arpeggiature.
High plains drifter”, potrei dire che qui i Maiden incontrano Morricone, basta sentire quegli accordi che ricordano certe partiture del buon Steve Harris dei bei tempi, con le orchestrazioni che si proiettano verso territori quasi leoniani; una digressione che si indurisce in un mid tempo roccioso e quadrato ma sempre epico e coinvolgente con una voce femminile a dare corpo al tutto prima del torrenziale solo hammettiano.
Questo assaggino può piacere non solo agli aficionados del gruppo portante, ma anche a chi è appassionato di buona musica, perché pur essendo un disco strumentale, l’emozione è presente, bene, bravo, bis!
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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