“Chaos Horrorific” è il sedicesimo album in studio della band di Buffalo, il secondo che vede
Erik Rutan nella doppia veste di produttore e chitarrista dopo che
Pat O’Brian si è autoeliminato dalla band per i noti fatti giudiziari avvenuti nel dicembre 2018.
Di sangue sotto i ponti ne è trascorso parecchio dalla pubblicazione del debut
“Eaten Back To Life” nel lontano 1990 e trentatré anni nel mondo musicale sono l’equivalente del trascorrere di intere ere geologiche eppure non ci si può esimere dal porsi la più classica domanda: “Cosa mi devo aspettare dall’ascolto della nuova fatica dei Cannibal?”
La risposta è decisamente scontata: quaranta minuti di musica pari al passaggio di un tornado in un asilo.
Baciati da un talento che garantisce loro di cavare sangue dalle rape anche quando hanno dato alle stampe lavori meno convincenti (fisiologico all’interno di una carriera così lunga) i
Cannibal Corpse del 2023 offrono una prova – l’ennesima - maiuscola e convincente, che non mostra crepe nel Cannibal Sound né segnali di stanchezza e con un
Erik Rutan capace di dare in pieno il suo contributo, specie nei brani più complicati.
Di
“Blood blind” e
“Summoned for sacrifice” già sappiamo tutto grazie ai video realizzati per promuovere
“Chaos Horrorific”, ma la doppietta con cui si apre l’album –
“Overlords of violence” e
“Frenzied feeding” – è materiale ad alta capacità di penetrazione, di quelli che non lasciano scampo, preludio al diluvio che seguirà coi brani seguenti, con un tarantolato
Paul Mazurkiewicz sugli scudi per precisione e velocità di esecuzione. Da clonare senza pensarci due volte.
Ma è tutto
“Chaos Horrorifc” che gira come un orologio di precisione,
Rutan e
Barrett suonano ben amalgamati fra loro senza rubarsi lo spazio e facendo convivere i loro diversi approcci stilistici (più elaborato il primo, più thrashettone il secondo),
George Fisher non dà segni di cedimento e
Webster…beh
Webster fa il
Webster!
Probabilmente
“Chaos Horrorifc” è il miglior lavoro prodotto dalla premiata ditta
Cannibal Corpse dai tempi di
“A Skeletal domain” (lavoro che col tempo ho sempre più rivalutato all’interno della loro discografia e che merita maggiore considerazione da parte di chi segue il genere) ed alla fine (almeno in questo caso) il voto a piè pagina ha un significato relativo perché, quello che davvero importa, è che gli statunitensi hanno ancora tanta voglia di dedicare anima ed energie alla causa.
Speriamo che a questo giro, il tour promozionale di
“Chaos Horrorific” tocchi il Belpaese, sarebbe un peccato non avere l’occasione di vederli nuovamente in azione.
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