Ottobre 1999: sia
Jimmy Page che i
Black Crowes sono in un periodo di "stallo" delle loro rispettive carriere. Jimmy ha visto naufragare il progetto con
David Coverdale, nonostante un album che non esito a definire straordinario, mentre i Corvi Neri non hanno capitalizzato a dovere il successo del clamoroso esordio "
Shake Your Moneymaker" e del suo paritario seguito "
The Southern Harmony And Musical Companion". È appena scoccata la mezzanotte del nuovo millennio, ma si sa che la musica dei
Led Zeppelin se ne frega di mode e di decadi in scorrimento, perché la sua pesantissima eredità viene ciclicamente riesumata con una puntualità che ha dell'inesorabile. Page ed i fratelli
Robinson decidono quindi di organizzare un paio di date assieme, con un repertorio che si incentra quasi esclusivamente sullo sterminato songbook del Dirigibile più famoso della storia del rock.
Dice
Chris Robinson, voce dei Black Crowes, a posteriori: "
Non fu molto divertente, Jimmy è un fenomeno, ma per me fu solo una questione di lavoro. Inoltre non sono un grande fan della voce di Robert Plant e dei suoi testi, quindi trovai quei due concerti abbastanza noiosi". Nonostante la ritrosia di Robinson, "
Live At The Greek", che avrebbe dovuto godere solamente di una diffusione via Internet, costringe i discografici a fare a gara per accaparrarsi i diritti per la realizzazione fisica del prodotto. Il pubblico non è ancora afflitto da ebetismo virtuale, e la richiesta diventa talmente pressante da farlo diventare uno degli eventi hard rock più attesi dell'anno. Il motivo è presto detto: la qualità delle esecuzioni suona letteralmente straordinaria, con un Robinson che pompa nuova linfa vitale in una sequela di canzoni dall'appeal eterno. La setlist è studiata benissimo, anche per venire incontro alle "corde artistiche" di Chris, molto più prossimo ad un
Rod Stewart d'annata che ad un
Robert Plant versione urlatore. Pochissime concessioni ai cavalli di battaglia, e grande spazio agli episodi più blues degli Zeppelin, che magari avevano trovato poco rilievo nei loro ultimi mastodontici live set.
Sensazionali le re-edition di "
Custard Pie" (Robinson si spella anche la labbra all'armonica!), di "
The Lemon Song" e dell'esoterica "
Nobody's Fault But Mine", così come il ripescaggio di "
What Is And What Should Never Be", affiancato a sua volta da gemme semidimenticate tipo "
Your Time Is Gonna Come" o "
Ten Years Gone". Marcano presenza alcuni blues classics come "
Shake Your Moneymaker" e "
Woke Up This Morning", ovvero "standard" consolidati del genere con i quali la chitarra di Jimmy Page non può che trovarsi magnificamente.
Paladini del vintage rock, i Black Crowes sembrano quasi degli allievi che hanno imparato troppo bene la lezione dal maestro, tanto che, tra i tre chitarristi in formazione (
Rich Robinson e
Audley Feed sono gli altri due), si farebbe molta fatica ad individuare l'elemento in esubero. "
Celebration Day", "
Whole Lotta Love" e "
Heartbreaker" stimolano irresistibili effetti nostalgici, mentre "
In My Time Of Dying" mantiene intatta la sua incredibile quota "dark", immersa in un contesto prettamente blues. Magie che solo i Led Zeppelin potevano permettersi.
Opportunamente evitata l'intoccabile "
Stairway To Heaven" per la sua vocalità indissolubilmente legata a quella di Sir Robert Plant, "Live At The Greek" è probabilmente l'album dal vivo che i fans del Dirigibile anelavano da tempo immemore. Nel 2007
Page, Plant e Jones (assieme al "nipotino"
Jason Bonham) si riuniranno per dar vita al pluricelebrato concerto dedicato al mezzo secolo dell'Atlantic Records immortalato in "
Celebration Day". Tuttavia la veracità e la dedizione che si respirano in questo doppio cd assieme ai Corvacci, quasi improvvisato nelle intenzioni, sono qualcosa di più unico che raro.
Il miglior live album del nuovo millennio? Nettamente, e per distacco.
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