Solito bel dischetto, tanto energico, quanto estremamente melodico, quello partorito dagli slovacchi
Signum Regis che, ormai da 15 anni abbondanti, calcano regolarmente il palcoscenico del power metal europeo.
Undivided, uscito per la
Ulterium Records, rappresenta la settima fatica discografica per la band capitanata dagli storici
Ronnie König (basso),
Filip Kolus (chitarra) e
Jan Tupy (tastiere), a cui, negli ultimi anni, si sono affiancati i vari
Jaro Jancula (batteria),
Majo Suchan (chitarra) e il bravissimo vocalist brasiliano
Jota Fortinho.
Eppure, nonostante ci si trovi dinnanzi a un platter assolutamente valido, non tutto gira per il verso giusto e, a conti fatti,
Undivided possiede tutti i crismi del classico “lavoro riuscito solo per metà”.
Se da un lato, i
Signum Regis sembrano voler proseguire il convincente percorso intrapreso a partire da
The Reckoning e sviluppato coi successivi
Decennium Primum e
The Seal Of a New World, fatto di sonorità armoniose, ma corpose e incisive, dall’altra parte, il loro sound inizia a mostrare qualche crepa.
Le perplessità nascono da subito e riguardano alcune composizioni un pò troppo artefatte, è il caso delle iniziali
Daniel’s Prophecy,
Ministry Of Truth o
Salt Of The Earth, che alternano buone trame chitarristiche, ad una sezione ritmica piatta e a delle linee melodiche poco spontanee, oltre che eccessivamente morbide.
Fortunatamente però, dopo questa “falsa partenza”, l’album sembra volersi rimettere immediatamente in carreggiata, potendo contare su tracce compatte e qualitativamente convincenti, quali
Interpreter Of Dreams,
Pilgrim Road,
Sea Of Galilee, la title-track, oppure la conclusiva
Shield My Soul, caratterizzata dai suoi fortissimi echi maideniani.
Ciò nonostante, talvolta i Nostri incappano nuovamente in qualche refrain un pò stucchevole, che finisce per svilire brani, comunque validi, come
Servants Of The Fallen One, oppure
Prepare For War.
Al termine dell’ascolto, si ha come il sospetto che i
Signum Regis, con questo album, si siano sentiti in dovere di dimostrare, A TUTTI I COSTI, qualcosa a qualcuno, perdendo cosi la loro tradizionale genuinità che, fin qui, li aveva sempre contraddistinti.
Peccato, perché
Undivided resta comunque un disco valido, che può contare su strutture corpose, chitarre sempre taglienti e musicisti tecnicamente validi, ma la scelta di ricorrere sovente a trame melodiche eccessivamente zuccherose e talvolta scontate, non paga; si registra quindi inevitabilmente, un leggero passo indietro rispetto precedenti lavori, che invece, erano apparsi molto più freschi e coinvolgenti.