Gli
Ironborn sono una heavy metal band belga formatasi nel 2014, e dopo aver dato alle stampe un omonimo EP nel 2017 e un singolo nel 2019, giungono nel 2023 al traguardo del primo full-length:
“After The Flood”.
La line-up degli
Ironborn vede tra le sue fila
Jans Versnik (bass),
Tom Deblauwe(drums),
John Mortelez (lead guitars),
Bjorn Coysman (rhythm guitars) e
Tom Hugelier (vocals), tutti membri di altre formazioni dell’underground quali Eternal Breath, Darker it Gets, Explore, Sphinx, Sagaris, ecc.ecc.
Con il loro debut i belgi ci propongono un heavy metal dalle forti influenze hard rock, a cavallo tra la N.W.O.B.H.M., i
Metallica del
Black Album e altre celebri formazioni hard n’ heavy degli 80’s, un pizzico di thrash e qualche inserimento più pesante di derivazione “moderna”, sconfinante in liriche che alternano growl e clean vocals, richiamando alla memoria alcune soluzioni metalcore oggi tanto in voga.
Anche il lavoro di produzione – abbastanza valido – è improntato nella stessa direzione: a cavallo tra i classici che hanno fatto la storia dell’heavy e il metal odierno.
“After The Flood” è composto da 9 brani per un totale di 34 minuti, e scorre con grande facilità, senza intoppi, in assenza di tracce troppo complesse e privo di qualsivoglia ambizione innovativa; dove si alternano momenti più duri ad altri più melodici che raggiungono l’apice nella ballad
“1568”.
Fin qui tutto bene, nessuno pretende necessariamente innovatività, anzi, talvolta è preferibile rimanere nel solco tracciato dai grandi della storia, reinterpretandolo a proprio uso e consumo, piuttosto che partorire uno scempio. Purtroppo però gli
Ironborn non si limitano a rimanere ancorati alle radici dei loro generi di riferimento, ma divengono talmente derivativi da dare un alone di già sentito e di imitativo davvero un po’ troppo forte…vuoi in un momento che sembra di sentire gli
Iron, in un altro i
The four horsemen, i
Megadeth, gli
Anthrax di
Belladonna, e così via.
L’anello più debole è
Hugelier al microfono, il quale deve ancora trovare una propria identità risultando perlopiù eccessivamente stereotipato e un po’ fiacco in taluni frangenti; oltre al fatto che necessita di migliorare le sue tecniche canore, in particolar modo nelle parti più cadenzate e armoniche.
In ogni caso il debut album dei cinque belgi, come già accennato, scivola via che è un piacere, tra un ammiccamento ruffiano qua e uno là si lascia ascoltare, ha un piglio catchy che lo rende gradevole e inoltre traspare il cuore del gruppo. Ed io, dato che sono un romantico, una possibilità e un incoraggiamento agli Ironborn sono intenzionato a darli. Soprattutto visto e considerato che fino a pochissimo tempo fa erano una cover band.
Penso che tracce come
“Bloodbound”,
“After The Flood” e
“Lilith” possano valere una corsa.
Recensione a cura di
DiX88
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