Alzi la mano chi non si è mai lasciato travolgere dalle poderose spire sonore dei Deep Purple, dalle suggestive ballate medioevali dei Jethro Tull, dalle melodie magniloquenti dei Kansas o dall’
art-rock melodrammatico dei Genesis … “vedo” poche braccia alzate, per fortuna, a conferma (oltre che del buongusto dei nostri lettori …) di una “generazione di fenomeni” che ha lasciato segni indelebili della scena
rock mondiale, gratificando una platea ampia e “trasversale” di ascoltatori e ispirando moltitudini di discepoli.
Distinguersi tra i tanti “emuli” dei suddetti
Maestri non è affatto un’impresa agevole, e se i
Graal riescono a farlo fin dal lontano 2004 è perché possiedono la cultura, la sensibilità e i mezzi espressivi per celebrare un certo tipo di suono senza stantii manierismi, restituendo agli appassionati del settore una maniera “antica” di fare musica, ma caricandola di tensione e di vitalità.
In “
Regenerate” il consolidato concetto stilistico dell’
hard-rock con tastiere assume ancora una volta un “colore” brillante e suggestivo, impreziosito da raffinate leggiadrie
prog e sostenuto da una classe esecutiva ed interpretativa di notevole livello, con l’ugola
Gillan-esca di
Andrea Ciccomartino e le tastiere calibrate e fantasiose di
Danilo Petrelli a fungere da primario collante emotivo.
Dopo il prologo strumentale, la raccolta si sviluppa con elegante energia tramite “
Waitin’ for you”, per poi incrementare il coefficiente impulsivo con l’agile “
Fuck you all” e fornire un saggio di pura arte
hard-blues in “
Turn the page”, che trasuda di nobile materia
Porpora da ogni poro sonoro.
“
New life”, con la sua incalzante anima
hard-pomp, fornisce all’astante un ulteriore incremento emozionale, e se amate le strutture immaginifiche del
progressive folk britannico sarà difficile non emozionarsi pure per la grazia di “
Good night”.
Arrivati a “
Don’t stop the run” e “
Set of lies” (splendido il duetto con
Angela Di Vincenzo dei Secret Rule, in quello che considero il vero
best in class dell’opera) appare ormai chiaro che i
Graal sono in possesso di una particolare attitudine nel trattare con innata ispirazione l’eredità di Deep Purple e Uriah Heep, mentre alla grintosa “
Runnin’ horse” è affidato il compito di far emergere con forza il contributo della
NWOBHM più tastieristica tra le influenze del gruppo.
Il tocco vagamente “attualizzato” concesso a “
When it’s over” rivela un’altra sfumatura della personalità artistica dei capitolini, nuovamente pragmatici nel torrido e denso clima
bluesy di “
No regrets”, prima che il rarefatto epilogo pianistico “
Land of fog” concluda “
Regenerate”, consegnandolo all’attenzione dei tanti estimatori di una tradizione musicale che, quando riesce come in questo caso a non rappresentare una “gabbia” per chi la sostenta, non può proprio avere “paura” del trascorrere del tempo.
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