Avevamo lasciato i “
BS Bone al demo di esordio “
Inside insanity”, uscito nel 2018, e da allora poche notizie si sono avute della band. A sorpresa, qualche mese fa, ricevo la dritta del loro ingresso nei Monolith Recording Studio di Vitulano (BN), per la registrazione del primo full length, sotto la supervisione di
Filippo Buono.
“
Cerberus bone” viene pubblicato dalla
Overdub Records il 17 Ottobre del 2023. Contiene nove brani, e dando un’occhiata alla tracklist ho notato che il gruppo ha deciso di includere, ovviamente ri-registrati, anche i quattro brani che andavano a comporre il demo di cui sopra. La cosa, lì per lì, mi ha lasciato un po’ perplesso, avrei preferito ascoltare materiale del tutto inedito, visto che, come sottolineato in fase di
recensione, non tutto aveva funzionato per il meglio all’epoca.
Mettendo da parte i pregiudizi, mi metto all’ascolto del disco e subito mi rendo conto di una cosa più che positiva: questa volta il sound è bello corposo, pieno, potente, gli strumenti sono ben definiti, in particolare il basso di
Viper, che gioca un ruolo importante all’interno dei brani, il che, si sente chiaramente, giova tantissimo al risultato finale. Qualche piccolo accorgimento qua e là e qualche piccolo nuovo arrangiamento rendono anche i quattro brani vecchi più godibili, anche se è chiaro che i pezzi nuovi hanno una marcia in più.
Si sente che in questi anni la band ha lavorato sodo ed è riuscita a dare un’impronta più omogenea alle nuove composizioni, bypassando quello che era uno dei “difetti” principali del demo. Quello che, invece, non è ancora riuscita a mettere ben a fuoco, sono le linee vocali. Ancora una volta mi duole dover sottolineare come questo sia l’aspetto più debole delle composizioni dei nostri, sia per quanto riguarda le scelte melodiche, sia per quanto riguarda il timbro vocale in sé per sé, spesso davvero troppo tirato. Il che è un vero peccato, perché i brani sono validi, così come ci tengo a sottolineare la validità del lavoro singolo dei nostri, con ottime linee di basso, gli assoli di
Steve ragionati e melodici il giusto, e le ritmiche di batteria di
Leo molto fantasiose. Come già detto cinque anni fa, un vero singer gioverebbe tantissimo alla band…
Parlando dei cinque brani inediti, il trittico iniziale mette subito in chiaro quanto i nostri siano cresciuti in questi anni, con l’arrembante “
Wayward”, la più rockeggiante “
Bad influences” (peccato per i soliti problemi di voce) e l’ipnotica “
Always a cheater”. “
Panic and silence” ci catapulta in pieni anni ’90 in America, mentre discorso a parte merita la conclusiva “
Suicide journey”, col suo incedere quasi psychedelic e chiari richiami agli Alice In Chains, un bel trip conclusivo, forse il migliore, per un album che si guadagna comunque una sufficienza abbondante. Inutile stare qui a dirvi cosa avrebbe potuto alzare di almeno mezzo punto il voto finale, penso di essere stato abbastanza chiaro in precedenza…
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