Judas Christ è il settimo album degli scandinavi Tiamat . Titolo e confezione, cioè due elementi in genere considerati di scarsa rilevanza , farebbero presupporre che il contenuto del disco sia caratterizzato da sonorità molto dure e da argomenti bollati dal classico adesivo al quale tutti noi siamo ormai avvezzi , ovvero “Parental Advisory-Explicit Lyrics”. E invece no. Il titolo, come mi ha confermato Anders Iwers in una recente intervista, altro non è che una provocazione contro l’ipocrsia della Chiesa Cristiana e…non c’entra assolutamente nulla col contenuto dell’album. Insomma, per farla breve la confezione è uno specchietto per allodole. Gli appassionati di metal estremo non si lascino dunque trarre in inganno dal caprone in copertina perché di fatto Judas Christ ha ben poco a che spartire col Black e per dirla tutta anche col metal. Le dodici tracce delle quali è composto l’album sono strutturate su ritmi lenti e cadenzati, la voce di Edlund impostata su tessiture baritonali è molto bella e si sposa bene con le atmosfere dark del disco, ma non cresce mai e per quanto mi riguarda è quasi incapace di comunicare il benchè minimo sentimento. Anche sull’orecchiabile singolo “Vote For Love”, che strizza l’occhio a HIM e compagnia bella, hanno più presa i cori femminili che il cantato vero e proprio. Il che è tutto dire perché la linea vocale principale è veramente quanto di più commerciale sia stato scritto negli ultimi tempi.
I frequenti inserti di synth, tastiere e campioni di voci assortite ( sussurri, grida, lamenti) creano un effetto molto cupo e di difficile assimilazione rallentando ulteriormente il ritmo già di per sé non “veloce” dell’album. Le chitarre sono ridotte all’osso e solo a sprazzi entrano in distorto- in particolare nella parte centrale del disco- mostrando barlumi di cattiveria che però si spengono dopo poche battute. La produzione infine è ottima, la scelta dei suoni molto accurata ( notevoli basso e batteria) ma purtroppo non basta a smorzare l’effettiva staticità di Judas Christ che, lo ribadisco non cresce quasi mai e s’impenna giusto su un paio di tracce : Spine e I Am In Love With Myself. Proprio questi due brani , sono a mio avviso i più belli dell’album, ma probabilmente i palati più raffinati apprezzeranno molto anche songs come Heaven Of High e Too Far Gone .
L’ultima fatica dei Tiamat risulta dunque ricca di piccole finezze a livello di scelte di produzione, ma qualche accortezza in più in fase compositiva l’avrebbe certamente resa un’uscita molto più degna di attenzione di quanto non lo sia adesso.
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