Quando una band, da anni, sforna in rapida successione una serie di dischi di qualità eccelsa, il suo futuro artistico si trova spesso dinnanzi a un bivio. Se, da un lato, non ci si può adagiare in eterno sulle medesime sonorità, rischiando cosi di perdere spontaneità, d’altra parte, non è nemmeno possibile permettersi di battere strade completamente nuove, rischiando di spiazzare il proprio pubblico, il cui palato, nel frattempo, si è fatto assai esigente.
E’ esattamente questo il caso dei “nostri”
DGM che, a 3 anni di distanza dal magnifico
Tragic Separation, tornano con un nuovo lavoro, intitolato
Life, realizzato sempre per la
Frontiers Records.
A livello di line-up, nulla è cambiato e troviamo sempre gli stessi 5 ragazzi (che ormai non sono più tanto ragazzi!) degli ultimi 15 anni. Con una formazione cosi rodata, evidentemente vale la pena osare e i Nostri lo fanno, con tutta la passione che hanno in corpo, pur rimanendo sempre coerenti ai propri ideali musicali, dando vita ad un album, a dir poco stupendo (l’ennesimo nella loro discografia), che però, rispetto al passato, gioca molto di più sulle atmosfere e sul sentimento, senza però tralasciare la sostanza, sia chiaro! Anzi, da questo punto di vista, la band non cede di un millimetro, potete dormire sonni tranquilli!
Life è un disco caratterizzato da composizioni possenti e spigolose, ma eleganti e delicate al tempo stesso, talvolta addirittura “visionarie” per alcune scelte stilistiche che, se estrapolate dal loro contesto, potrebbero disorientare, dando la sensazione di non appartenere alle sonorità tipiche dei
DGM, ma che invece, grazie alle abilità artistiche dei musicisti, vengono modellate per l’occasione, amalgamandosi alla perfezione al sound della band e diventandone parte integrante.
Tralasciando i soliti immancabili richiami ai Symphony X che però, rispetto al passato, si sono fatti meno invadenti e sono inseriti all’interno di un contesto ormai completamente indipendente,
Life snocciola, per quasi un'ora, una serie di brani profondi e pieni di pathos, che sfociano sovente in un tripudio di colori e musicalità, contenuti all’interno di una solidissima cornice metallica. Tale esplosione sonora si concretizza, in particolar modo, attraverso le poliedriche
Find Your Way e
Dominate, nell’elegante ma “cazzuta”
The Calling, nell’onirica
Journey To Nowhere, oppure nella poetica (e strumentale)
Eve che, pur essendo la traccia più breve, rappresenta paradossalmente l’apice dell’intensità emotiva dell’intero disco.
La prestazione di tutti i musicisti trasuda passione in ogni singolo istante, oltre che risultare tecnicamente perfetta (ma su questo non c’erano dubbi). La chitarra di
Simone Mularoni domina, come di consueto,
Emanuele Casali, con le sue tastiere, crea atmosfere intense e risponde a tono agli assoli del “Mula”, mentre
Mark Basile mette anima e cuore in tutte le parti vocali e il basso di
Andrea Arcangeli rifinisce una sezione ritmica in continua evoluzione, favorita dall’esuberanza della batteria dell’inossidabile
Fabio Costantino.
Alla fine dell’ascolto, si rimane quasi interdetti dinnanzi all’ennesimo gradino scalato dalla band, nel suo esponenziale processo di maturazione artistica e viene spontaneo chiedersi come riesca ad
essere sempre cosi efficace, coniugando sostanza e melodia, rinnovandosi, ma senza mai tradire la propria identità musicale.
La risposta è semplice: di bands come i
DGM ne esistono veramente poche!
La classe, il gusto sopraffino, le abilità tecniche e compositive che contraddistinguono i Nostri sono qualità più uniche, che rare; col tempo si possono affinare, ma non arrivano mai per caso, da un giorno all’altro; tali doti artistiche si acquisiscono alla nascita e i
DGM MODESTAMENTE CI NACQUERO!