Certi gruppi ce l’hanno, e certi altri no.
Quella mistica, quella luccicanza, quel
quid che permette di elevarti sopra il ribollente mucchio di
band dalle coordinate sonore pressoché sovrapponibili alle tue.
Ed i
Cruciamentum, quel
quid, ce l’hanno eccome.
Non è servito molto per rendersene conto: appena un
full length, lo spettacolare “
Charnel Passages” (che ha ormai compiuto otto anni di vita) e qualche sporadico
EP disseminato qua e là. Una mole discografica tanto modesta quanto qualitativa, che oggi (finalmente!) registra un significativo rimpolpamento grazie al nuovo
album, dall’ostico titolo “
Obsidian Refractions”.
I Nostri, tanto per fugare il campo da eventuali dubbi, riprendono esattamente da dove si erano interrotti: il loro
death metal di stampo classico, eppur dotato di grande personalità, è di nuovo lì da ammirare, con le sue atmosfere cupe e morbose, coi suoi rallentamenti sepolcrali alternati a feroci accelerazioni, coi suoi lancinanti assoli sempre piazzati al momento giusto…
Ancora una volta, i
Cruciamentum sfoggiano una produzione cavernosa che calza come un guanto, un
growling profondo (a questo giro opera del bassista
Chris Eakes) che va splendidamente a braccetto col sanguinolento
riffing; soprattutto, un
songwriting che costituisce davvero la marcia in più.
Un
songwriting al tempo stesso ispirato e sapiente, che dimostra come si possa attingere dal bacino della tradizione senza per questo risultare in alcun modo banali o stantii.
Ogni brano, in effetti, contiene al suo interno un prezioso microcosmo di lugubre putrescenza, che merita attenta esplorazione -concedete a quest’opera almeno 4-5 ascolti per permetterle di svelare tutto il suo potenziale-; ciò premesso, tuttavia, non posso esimermi dal citare il
feeling deliziosamente funereo della conclusiva “
Drowned” (forse l’episodio migliore del
platter), la solennità malsana di “
Interminable Rebirth in Abomination” e la strisciante decadenza di “
Necropolis of Obsidian Mirrors”.
“
Obsidian Refractions”, tirando le somme, si è fatto attendere parecchio, ma riesce, con appena sei brani (per poco più di quaranta minuti di durata), a spazzar via buona parte della concorrenza.
In ogni caso la prossima volta, cari
Cruciamentum, cercate di sveltire un po’ i ritmi discografici: il nostro adorato metallo della morte ha bisogno di voi.