Cosa aspettarsi da una band in cui milita il leggendario (ex) chitarrista degli altrettanto leggendari Saxon,
Paul Quinn?
Un disco di classix heavy metal sulla falsariga di quello che ha fatto Phil Campbell dopo la fine dei Motorhead?
Niente di più sbagliato.
Dopo il debut omonimo del 2019 - passato in verità sottosilenzio - esce ora il nuovo album del power trio composto da Paul Quinn (Saxon), Harrison Young (Doro, U.D.O.), e Koen Herfst (Vandenberg, Armin van Buuren) intitolato "
Generation Jukebox" e scordatevi i riff veloci e in your face alla Saxon, qui di Heavy Metal non c'è l'ombra, a favore di una ricetta molto retrò a base di soul, swing e rock'n'roll.
C'è da dire che, superata l'iniziale sorpresa, ( si, lo ammetto, ho atteso per tutta la durata del disco di sentire qualche riff stile "
Princess Of The Night", ma invano ), il disco non delude affatto a patto di liberarsi da ogni pregiudizio.
Quinn dimostra di essere a suo completo agio nella solare e soul "
Moving On" così come nella Purpelliana "
King Kong", sciorinando riff solidi e solos intrisi di blues e groove, alla faccia di ogni velleità metal.
Le ritmiche sono sostenute ma mai veloci, si privilegiano il mood e l'atmosfera di canzoni nelle quali la chitarra di Quinn disegna trame rock-blues in stile anni '70 ("
The Gamble") coadiuvato da una sezione ritmica pulsante ed incisiva nonostante le vocals di Harrison Young che non spingono mai assestandosi piuttosto su tonalità "comode".
I
The Cards sono chiaramente una band derivativa e la musica che propongono è anche quella con cui sono cresciuti, dalla Motown al Metal, in una sorta di "Juke box generazionale" da cui il titolo dell'album "
Generation Jukebox.”
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