Lasciato scorrere l'arpeggio acustico che fa anche da titletrack, è subito il momento di un Heavy Metal arrembante sul quale si staglia la voce potente e roboante di
Yiannis Papanikolaou, che magari suona un po' troppo impostata ma si conferma centrale nella proposta dei
Diviner, approdati ora al terzo album.
"
Avaton", al dispetto di una formazione che salvo il già citato
Papanikolaou si è completamente rinnovata, non si discosta dal percorso musicale intrapreso sin dai tempi dell'esordio "Fallen Empires" ed è decisamente più orientato al Classic Metal che alle marcate pulsazioni epiche che stanno caratterizzando molte delle uscite discografiche che giungono dalla Grecia.
Non stupiscano quindi né il mood helloweeniano di "
Dancing in the Fire" o i rimandi a Ronnie James Dio di "
Cyberwar" o "
Hope Will Rise", e tantomeno il passo ed i cori (con tanto di
"oh oh oh") maideniani di "
Dominator". Un po' a sorpresa, invece, nella robusta "
Nemesis" si possono avvertire delle influenze thrasheggianti, ben tratteggiate dai musicisti, soprattutto dalla sezione ritmica formata da
George Nidriotis (Sidë Effects e Kinetic) al basso e dal batterista
Lefteris Moros (Null'o'Zero ed ex The Silent Rage). Completano le fila del gruppo i due chitarristi,
Teo Ross (Chrysilia) e
Alex Flouros (Fragile Vastness e Seduce the Heaven), ed entrambi danno il loro apporto a "
Avaton", lavoro compatto e piacevole, senza cali di tensione e qualità, ma anche senza particolari picchi, per quanto qualche applauso in più se lo assicurino sia "
Hall of the Brave" sia "
The Battle of Marathon", i due brani più lunghi (sforano entrambi gli otto minuti), complessi ed articolati, che stranamente (ma direi poco strategicamente) sono stati piazzati in conclusione del disco e si muovono sul versante più epico dei nostri, e con quell'interpretazione enfatica alla Dickinson con la quale i
Diviner ci raccontano (con una chiosa in lingua greca) della storica battaglia tra Ateniesi e Persiani.
In realtà, nella versione in CD è previsto anche un ulteriore brano, "
Dead New World", che nulla toglie nulla aggiunge al contesto di un album che conferma come i
Diviner abbiano saputo risorgere delle proprie ceneri e farlo con forza e convinzione.
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