Il terzo album per un gruppo, si diceva una volta, era la classica prova del nove: se la passavi, entravi nel novero dei "grandi", in caso contrario, beh, ti eri giocato il futuro, o quasi.
I finlandesi
Vargrav affrontano, dunque, la fatidica prova e la superano, ma non nella maniera in cui mi sarei aspettato.
Se i primi due album, infatti, erano un tuffo nel passato, nerissimo, capace di evocare lo spettro dei primi Emperor e primi Limbonic Art, ovvero il gotha del Symphonic Black Metal,
"The Nighthold" risulta essere, invece, un album potente e magniloquente che tanto deve ai Dimmu Borgir di "Spiritual Black Dimensions", lavoro citato in continuazione da
V-KhaoZ e soci durante i dodici brani del nuovo parto discografico.
Una mera imitazione?
Certamente no.
I
Vargrav, che nel frattempo sono diventati un quartetto con l'ingresso di due membri dei Moonsorrow, hanno classe da vendere e riescono ad inanellare una serie di riff e di partiture di chitarra di alto livello, così come riescono a creare una atmosfera elegante e notturna che permea tutto il lavoro rendendolo accattivante ma, anche, selvaggio e gelido.
Le tastiere del leader restano le assolute protagoniste, sia citando i norvegesi nominati prima, sia dipingendo traiettorie sinfoniche dal respiro amplissimo e costruendo partiture di puro Ambient, ma, fortunatamente, le sei corde fanno da validissimo contraltare in una specie di "lotta" sulla quale si poggiano le urla taglienti di
Graf Werwolf Von Armageddon autore di una prova, direi, d'altri tempi a coronamento di un album certo nostalgico, assolutamente non innovativo, ma sincero, ispirato e lacerante come il ghiaccio sulla nuda pelle.
La conclusione?
Il diavolo può essere omaggiato anche con orchestrazioni quasi cinematografiche, non solo con le croci capovolte.
Chi vuol capire, capisca.
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