I
Necrotum sono una band rumena dedita al death metal, formatasi nel 2019 e con già all’attivo numerosi singoli, demo ed EP, oltreché due full-length:
“Condemned to Burn” (2020) e
“Undead Symbiosis” (2022), a cui segue in questi giorni di inizio 2024
“Defleshed Exhumation”, rilasciato sotto l’egida della
Memento Mori.
I rumeni adottano la formula della formazione a tre e ci propongono un death metal old-school piuttosto brutale e complesso nelle sue strutture, pieno di cambi di tempo, partiture intricate, riffs sincopati e dissonanti, che rendono l’ascolto di assimilazione non immediata.
La qualità sonora è molto elevata, grazie ad una produzione a cavallo tra tradizione e modernità svolta egregiamente da
Uriel Aguillon, che conferisce al prodotto, non solo la giusta nitidezza, ma anche un grande impatto frontale.
Il songwriting dei tre deathsters è pluristratificato, con trame, come già accennato, molto intricate, dense di progressioni e cambi di ritmo repentini.
I
Necrotum guardano prevalentemente nella direzione del death metal americano, in particolar modo a formazioni brutali come
Cannibal Corpse,
Incantation,
Immolation, ecc.ecc.; non mancano anche echi ispirati ai grandi maestri nord europei quali i
Grave e altre realtà simili.
Il problema di
“Defleshed Exhumation” è che, nonostante la perfezione esecutiva e l’elevato tasso tecnico sfoggiato dal gruppo, i brani nella loro complessità tendono a risultare fin troppo inintelligibili e con una certa carenza di hook, che vista la proposta più tradizionale della band, e la sua coesistenza con partiture molto tecniche, avrebbero giovato, e non poco, alla loro fruibilità e memorizzazione.
Purtroppo la mancanza di momenti catchy tende a stancare un po’ e a rendere l’ascolto leggermente tedioso, in quanto le canzoni risultano eccessivamente avviluppate su sé stesse; finendo così per rendere la loro struttura sofisticata, anziché un potenziale fattore distintivo, un elemento livellatore delle rispettive e auspicabili peculiarità. Fortunatamente la breve durata del platter, soli 36 minuti, lenisce questo effetto collaterale della loro proposta.
Inoltre, l’alone derivativo di cui è ammantato l’album induce al soffocamento della capacità di soggettivazione del genere da parte dei
Necrotum.
Il complesso rumeno avrebbe tutte le carte in tavola per fare buone cose, ma al momento necessitano di rafforzare la propria identità, e di limare il superfluo; così da poter toccare, e conseguentemente donare all’ascoltatore, la vera essenza del metallo della morte.
Recensione a cura di
DiX88
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