Talvolta, la curiosità per un
album trae linfa dai dettagli più futili.
Nel caso dei
Vemod, addirittura, la scintilla dell’interesse è scattata nella mia testolina dopo aver letto la definizione del genere musicale proposto: “
Nidrosian black metal”.
Spero potrete perdonare l’ignoranza del sottoscritto che, pur ascoltando da oltre un quarto di secolo tonnellate di
black scandinavo, non si era mai imbattuto in tale definizione.
Trattasi, a quanto pare, di una specifica branca del genere summenzionato, contraddistinta, dal punto di vista stilistico, da un accentuato
feeling mistico / esistenziale (spesso ottenuto attraverso tastiere e atmosfere dilatate dal taglio quasi
ambient), e dal punto di vista geografico dalla vicinanza a
Trondheim (inizialmente chiamata proprio
Nidaro).
Non si finisce mai di imparare: la graziosa cittadina norvegese, che visitai svariati anni orsono, mi era nota, sotto il profilo dei riferimenti culturali, esclusivamente per l’epocale
sketch sullo
Spam dei
Monty Python.
Agevolo per i profani:
Rimanendo, invece, sull’aspetto che più ci preme analizzare, ci troviamo oggi al cospetto del secondo
full length di questa compagine, che a dispetto della parca produzione discografica non è certo di primo pelo, avendo visto i natali nell’ormai lontano 2000.
Il tempo per affinare il
sound, rispetto all’affascinante ma grezzo
debut, non è certo mancato; i Nostri avranno saputo farne tesoro?
Il parere da me maturato è positivo, benché con qualche riserva: “
The Deepening” costituisce un sensibile passo in avanti rispetto all’acerbo “
Venter på stormene”, pur presentando alcuni inciampi.
Le coordinate -peraltro coerenti col
moniker, che significa grosso modo, e con notevole dono della sintesi, “pensierosa malinconia rispetto al passato”- non sono poi mutate granché: il trio si barcamena ancora nello steccato di un
black contemplativo, assorto, ma non privo di partiture aggressive. Partiture pervase da una compassata epicità che, in ogni caso, vengono spesso e volentieri blandite da fasi più riflessive (non mancano cori e
vocals in
clean), parentesi acustiche dal taglio
folk, oltre che da un’immancabile coltre di sconforto.
Produzione e
mixing, dal canto loro, sanciscono un ulteriore passo in avanti nel percorso di maturazione del trio, che tuttavia indulge una volta ancora in eccessive ripetizioni (mi riferisco
in primis all'
incipit di "
Inn i lysende natt"), in dilatazioni non necessarie e, ahimè, macchia “
The Deepening” con sparute chiazze di noia (addensate perlopiù nella conclusiva, e dispersiva,
title track).
Se i Vemod sapranno ulteriormente affinare il loro songwriting, potranno senza dubbio ambire ad un ruolo di spicco all’interno dell’affollata scena del
black metal atmosferico -in quella nidrosiana saranno già ai vertici, o almeno credo-; comunque sia, ci troviamo di fronte ad una realtà ricca di fascino e dalle forti doti evocative (episodi come la drammatica “
True North Beckons” o la chilometrica “
Der guder dør” sono lì a dimostrarlo).
Brava la
Prophecy a credere in loro; consiglio umilmente a Voi gloriosi lettori di fare altrettanto.