Gli
Helfró sono una black metal band islandese formatasi a Reykjavík nel 2017, per volontà del drummer
Ragnar Sverrisson, quando il suo precedente gruppo, gli
Ophidian I, nel 2015 si prese una pausa.
Il progetto
Helfró ha all’attivo due album: l’omonimo
“Helfró”[/I] (2018) e
"Tálgröf” (2023), rilasciato sotto l’egida della
Season of Mist, di cui vi parlerò in queste poche righe che seguono.
L’Islanda si riconferma nuovamente un ecosistema interessante e propedeutico per la prosperazione del panorama black, che in questa terra desolata sta venendo reinterpretato in maniera piuttosto originale. Tra i vari nomi mi vengono a mente, giusto per citarne uno, i colleghi, anch’essi di Reykjavík,
Nyrst, da me recensiti proprio recentemente.
Categorizzare la proposta degli
Helfró non è così immediato; li ho inseriti in ambito black più per una questione di attitudine e di atmosfere – oltreché del loro alveo di provenienza – che per questioni prettamente tecniche.
Se nel loro debut album gli islandesi erano più ancorati agli stilemi del black classico, adesso gli elementi thrash/death, sovente sconfinanti in lidi brutal, prendono ancora più campo assieme a tutto un complesso di caratteristiche mutuate dal metal estremo in senso lato. Questo si ripercuote anche sulla produzione: moderna, nitida e tuttavia non plastificata e munita di suoni ampiamente martellanti. Così come nel variopinto utilizzo delle linee vocali, che passano dai classici registri scream di stampo black ai growls maggiormente baritonali del death più spinto, con tutte le varianti possibili tra questi due vertici.
Il platter si compone di nove schegge impazzite in cui velocità schizofrenica, violenza e rallentamenti strategici dotati di buon groove si alternano sapientemente, rimanendo imprigionati nel letto ghiacciato del fiume nero che attraversa le desolanti terre in cui i ragazzi sono cresciuti.
Il ghiaccio lo si avverte nei sottofondi atmosferici ridondanti che si possono flebilmente udire, per esempio, nella quinta traccia, e in generale nell’attitudine distaccata – quasi dissociata – che il gruppo mantiene nei confronti della sua stessa furia iconoclasta.
“Tálgröf” è un disco che percorre la via estrema in senso lato, non accontentandosi di seguire pedissequamente i sentieri già battuti dai capisaldi del genere; poiché i suoi artefici ambiscono a marchiarlo a fuoco con l’oscurità propria della loro impronta.
Recensione a cura di
DiX88
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