Tre dischi splendidi realizzati con il contributo di
Jack Blades (Night Ranger) e
Doug Aldrich (ex-Whitesnake, Dio, …) e ora altri due, compreso questo nuovo “
Against the winds”, altrettanto esaltanti, con l’apporto di
Joel Hoekstra (Whitesnake, Trans-Siberian Orchestra, Iconic, Joel Hoekstra's 13) e
Jeff Pilson (Dokken, Foreigner, …).
A questo punto non è necessario uno sforzo intellettivo “sovrumano” per capire chi siano i prioritari responsabili della stima pressoché incondizionata acquisita dai
Revolution Saints, capaci di dimostrare “sul campo” come annientare quella diffidenza che ormai si riserva automaticamente ai cosiddetti
supergruppi.
Deen Castronovo e
Alessandro Del Vecchio, sono loro, assieme alla
Frontiers Music che ha fermamente creduto nel “progetto”, a meritare i primi complimenti di questa disamina, e se per
Alessandro, nello specifico un po’ lontano dalle luci dei riflettori (produttore, compositore, coadiutore esecutivo …), è giusto spendere le “solite” sperticate lodi, per quanto riguarda
Deen, il vederlo progressivamente diventare uno dei pilastri dei suoni
adulti odierni, è motivo di “stupore” per quelli che si ricordano i suoi “selvaggi” esordi.
E poi c’è da incensare chi ha saputo assemblare questi carismatici talenti, convinto che il loro ingente quoziente d’intelligenza e ispirazione avrebbe superato la brama di vanterie individuali.
Dopo il (sacrosanto) panegirico introduttivo, approdiamo finalmente ai contenuti dell’albo, l’ennesimo concentrato di sfolgorante
hard melodico
DOC, “tradizionale” nella forma e straordinariamente emozionante nella sostanza, in grado di sfruttare l’enorme potenziale artistico della coalizione in maniera davvero esemplare.
“
Against the winds” vede i
Revolution Saints impegnarsi più minuziosamente sulla varietà espressiva, mescolando con maggiore equilibrio raffinatezza e grinta, approfittando, verosimilmente, di una migliore sintonia e “compenetrazione” tra le differenti anime dei componenti della
band.
Il risultato è un collaudato tripudio melodico da sottoporre senza controindicazioni ai
fans della blasonata dinastia Journey-
ana (compresi, dunque, oltre ai capostipiti, anche The Storm, Bad English, Hardline, The V.U. …), i quali, soggiogati dall’edificante intonazione di
Castronovo, si troveranno a fremere per la sontuosa eleganza della
title-track dell’opera e di “
Changing my mind”, per il piglio deciso di “
Fall on my knees” (da applauso l’intrigo chitarra / ritmica / tastiere) o ancora per la vaporosa ed evocativa “
Can't end it right now”, tanto rigorosa nell’esposizione quanto efficace sotto il profilo emotivo.
“
Lost in damnation” e la pulsante “
Will I see you again” (altro “pezzone” …) inoculano di nuovo un’iniezione di opportuna energia nelle fibre armoniche del programma, lasciando poi spazio all’enfasi appassionata di “
Show me your light”, brano dalla classe purissima esaltato dall’intensa interpretazione di
Mr. Castronovo.
“
Save all that remains” e "
Been said and done” sfoggiano altre due linee armoniche molto intriganti, appena attenuate da
refrain “solo” molto godibili, mentre la drammatica “
Diving wings” è forse da considerare il momento maggiormente interlocutorio di “
Against the winds”, un disco che con “
No turning back" si arricchisce ulteriormente di belle canzoni, perfette per saziare chiunque si nutra quotidianamente di
AOR “classico”.
Senza dimenticare di menzionare l’ottimo lavoro di
Pilson e
Hoekstra, molto di più che i “comprimari di lusso” della situazione, non mi rimane che confermare i
Revolution Saints nel ristretto novero dei veri
Superuomini del
Melodic Rock contemporaneo, per i quali l’unica
kriptonite possibile è rappresentata dai
deficit di attenzione di una “scena” sempre più superficiale e frenetica.