Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2024
Durata:43 min.
Etichetta:Postmortem Apocalypse

Tracklist

  1. KNIGHT OF THE NIGHT
  2. WINGS OF VENGEANCE
  3. BLOOD FOR THE KING
  4. SMOKE AT DAWN
  5. MADNESS OF THE CROWD
  6. SAVAGE OATH
  7. DIVINE BATTLE

Line up

  • Phil Ross: bass, synthesizers
  • Leeland Campana: guitars
  • Brendan Radigan: vocals
  • Carlos Llanas: guitars
  • Ryan Mower: drums

Voto medio utenti

Alcune volte l’underground spinge l’underground non per uscire da sé sesso ma par alimentarlo.

Troppo criptico? Perso i contatti col tarapìa tapiòco o scherziamo?
Ora mi spiego.

Il progetto Savage Oath è ampiamente chiacchierato dai fan del metal classico ed epico da parecchio tempo, da prima ancora che questa band incidesse qualcosa. Ma come è possibile? Beh, perché i Savage Oath sono una sorta di supergruppo che vede in formazione Brendan Radigan (cantante di Pagan Altar e Sumerlands), Leeland Campana (chitarrista dei Visigoth), Phil Ross (bassista dei Sentry, ex-Manilla Road), Carlos Llanas (chitarrista, ex-Eternal Champion).
Va da sé che con un curriculum del genere ci fosse parecchia attesa.
Speranza che si è tramutata in realtà, prima con un EP di due pezzi uscito ad aprile 2023 (e di cui vi avevo parlato su Youtube) e oggi -finalmente- con il debutto sulla lunga distanza di questi cavalieri del metallo, intitolato Divine Battle.

Nessuna sorpresa, nessuna rivoluzione, un solo forte grido d’amore per l’epic metal: spada in mano e volume a cannone.

L’artwork del sempre ottimo Adam Burke cattura la vera essenza del disco e ne imprigiona lo spirito tra le sue pennellate, aiutandoci ad entrare in sintonia con questi 44 minuti di… fede.
Divine Battle è infatti una dichiarazione d’amore per un genere; un album composto con un suono e una scrittura pensati per creare ambientazioni battagliere e fuori dal tempo, per tributare i maestri del genere portando idealmente la torcia dal passato al presente di un filone musicale.
Questa è l’essenza di Divine Battle, un lavoro che ha uno spirito antico, fatto da chi ama realmente questa musica e non vuole copiare i riff o lo stile di Manowar, Warlord, Omen, Manilla Road o Domsword ma vuole prendere l’anima di un sound fiero, gonfio, glorioso, tagliente, malinconico per dar vita a un nuovo capitolo di puro metallo.
Nessuna velleità commerciale, nessuna pretesa di sfondare, di arrivare ma solo voglia di suonare musica vera e sentita.
Come è normale che sia, questo disco è diretto discendente delle band di cui fanno parte i musicisti coinvolti ma, allo stesso tempo, conserva una rusticità, un sapore underground più pronunciato rispetto alla pulizia a alla cura presenti su Conqueror's Oath oppure su Ravening Iron.

Da sottolineare anche come Divine Battle non giochi su un succedersi di riff d’impatto, sul semplice alternarsi di strofa e ritornello o liriche di facile presa, quanto piuttosto badi a creare melodie (vocali o di chitarra) con una costruzione dei pezzi in continua evoluzione e con l'epicità come costante.
Un album che più si ascolta più entra sotto pelle.

La varietà del disco è buona, con momenti veloci, altri solenni, squarci acustici e porzioni più cadenzate o galoppate, il tutto impreziosito da assoli (spesso prolungati) mai autoreferenziali, cori gloriosi (mai pacchiani o dall’effetto “trallallero”) e ambientazioni antiche e -come detto poc'anzi- ben legate alla visione dell’artwork.
Bisogna poi togliersi il cappello davanti alla prestazione dei vari musicisti, con particolare riguardo per Radigan, capace di cantare in modo diverso in ciascuno dei suoi progetti, una cosa rara per un cantante e che ne sottolinea la duttilità.

"Knight of the Night" si apre con l’eco della battaglia, un ponte levatoio che si abbassa e il suono dei Savage Oath che esplode in un pezzo sostenuto, abbastanza veloce e che poggia in egual misura sulle melodie vocali e sulle chitarre. Il brano crea il giusto fomento, le armonizzazioni sono riuscite e scatta subito la voglia ad impugnare la spada.
Il richiamo all’azione è forte ma cerchiamo di placare la nostra sete di vendetta e proseguiamo con l’ascolto.
Aperta da chitarre arpeggiate e riverberate, "Wings of Vengeance" si trasforma presto in una galoppata con una buona linea vocale di Brendan che spinge molto di più rispetto a quanto ci ha fatto sentire con Sumerlands o Pagan Altar ma senza mai esagerare. Un up-tempo cazzuto, molto classico come struttura e come stile e che fa percepire l’artigianalità del “prodotto”, distante dalla precisione e pulizia di Visigoth o Eternal Champion.
Intanto affiliamo le lame, indossiamo i calzari e le protezioni essenziali.
Petto gonfio e fierezza a mille con il grandeur (mai cafone) espresso da "Blood for the King", squisitamente epica fino al midollo con un finale in crescendo da brividi. Brano che vede Paris Thibault (Concilium) come guest ai cori.
Ora è davvero arduo trattenersi. Il “proudometro” è a fondo scala e conviene farsi legare.
Dopo una breve strumentale, "Madness of the Crowd" torna a sprigionare forza con la sua fierezza e velocità, poggiando più sulle linee vocali che sui riff ed è condita da un assolo dal sapore neoclassico.
Nutriamo ora il nostro destriero e adorniamolo con gli emblemi della battaglia.
"Savage Oath" cresce piano piano, passando dall’essere acustica fino ad esplodere con una drammaticità difficilmente riscontrabile altrove, per terminare poi con una lunga coda sonora in cui il suono dell’acqua bagna una riva.
È tempo di salire in sella e concedere un saluto ai nostri cari.
Sono quelli di Manowar e di Blind Guardian i riferimenti della splendida "Divine Battle", canzone dal flavour antico, con chitarre acustiche, un Radigan sugli scudi e che termina con cori gonfi e grande enfasi.
Si parte per tagliare le gole dei nemmici del metallo al grido di : “glooooriaaaaaaa!”.

Divine Battle è un disco perfetto? Probabilmente no se ci soffermiamo su una produzione che risulta poco organica, con un po’ di sporcizia generale, un suono di batteria che non convince a pieno. Forse si sente la mancanza di qualche brano più incisivo, immediato, d’impatto, con un riffing o una linea da ricordare e cantare al primo ascolto. Sempre riguardo alla batteria -a mio modestissimo parere- la persona sullo sgabello non è molto adatta a questa proposta, a questo genere. Il batteraio non spinge, non riempie, spesso non butta i necessari accenti o non martella deciso nei momenti cadenzati. Certo i pessimi suoni non aiutano. Ma, ripeto, è un pensiero personale che non scalfisce più di tanto la qualità del lavoro.
Come vi ho già detto, questo è un disco realmente sentito in cui musica e testi sono un tutt’uno nel quale immergersi, un album con il cuore d’acciaio in cui lo stesso Brendan Radigan non canta in modo distaccato cercando la performance perfetta ma interpreta, entra nei brani in un modo altamente emozionale.

In diversi si sono chiesti come mai -visto i nomi coinvolti- il disco esca per la minuscola Postmortem Apocalypse che si occupa per lo più di cassette e di riedizioni di band del Kansas. Beh, perché l’etichetta è del bassista Phil Ross. Non temente comunque, copie fisiche arriveranno a breve in Europa per chiunque voglia supportare la band ed evitare i sanguinosi salassi delle spedizioni di Bandcamp.

Ho insistito molto sul lato emozionale parlandovi dei Savage Oath, perché con album come questo non bisogna guardare ciecamente alla mera esecuzione o alla perfezione del suono, ma è uno di quei lavori che -al di là dell’ottimo songwriting e delle indubbie capacità dei musicisti- devono darti o trasmetterti qualcosa. Divine Battle ci riesce alla grande.
Questo lavoro si affianca alle clamorose uscite di Writhen Hilt, Sentry e Traveler, per un inizio 2024 monumentale. E ora aspettiamo Warlord e Riot V.

Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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