Nuovo album per gli statunitensi
Malphas che, dopo un bel lasso di tempo (l'ultimo album 'The 39th Spirit' risaliva al 2018), dovuto probabilmente anche al periodo Covid, si presentano al pubblico sei anni dopo con questo
'Portal'. Ispiratisi nel nome dal nome dato dalla chiesa al demone presidente degli inferi, Malphas appunto, dal primo concilio di Braga del 572, anche nella proposta il tutto suona come un vero e proprio sottofondo infernale. Talvolta riuscito meglio, altre volte di meno.
Proprio per il fatto di scegliere di non proporre un death metal non esattamente canonico, legate alle radici e al suo classicismo, ma infarcendola di molte tastiere, momenti sinfonici, cori, e pezzi molto articolati (sopratutto rispetto al precedente lavoro, non solo nel songwriting ma anche nella durata degli stessi), il filo sul quale cammina il gruppo è molto sottile nel definire da una parte un risultato piacevole nell'ascolto anche nella sua diversità, e il (molto più grande) rischio di proporre un mappazzone molto più simile a quello che può essere un lavoro come l'ultimo dei Dimmu Borgir (il genere ovviamente è un altro, ma le similitudini sono pressochè quelle), ossia una grande, grandissima, gigantesca noia.
Introdotto da un artwork efficace nella sua semplicità, e che può lasciar immaginare a chi non conosce la band di trovarsi davanti a un album doom piuttosto che symphonic death, va detto che
'Portal' è un disco che ha i suoi momenti da incorniciare, ma al contempo molti altri, purtroppo, da dimenticare. O se si vuole, che vengono autonomamente dimenticati. La band ha deciso di affidarsi per questo lavoro a
Chris Kelly che, per chi non abbia mai sentito il suo nome, fa parte degli Alustrium, oltre ad essere chitarrista attuale delle Baby Metal.
Chris, e conseguentemente anche i membri del gruppo, hanno deciso di optare per una produzione estremamente cristallina, potente e decisa che mette in risalto tutti gli strumenti, batteria fra tutti, cosa riscontrabile sin dall'inizio con
'Fiat Empire', lunga ben otto minuti, e che mostra sin da subito tutte le caratteristiche che ho elencato sopra. Tastiere ed elementi sinfonici sin da subito, riff aggressivi, spesso dei cambi di tempo funzionali alla canzone e che devo dire in alcuni tratti sono anche interessanti, penso ad una
'Shadow and Blood' che si muove tra le sfuriate death e un approccio negli assoli molto più classico. Questo contatto all'heavy metal negli assoli, per l'appunto, non stona assolutamente e anzi, contribuisce a rendere più gradevole l'ascolto (contando sopratutto l'ora complessiva di ascolto). Va però detto anche che questa gran voglia di sperimentare dei
Malphas molto spesso rappresenti anche una sorta di zappa sui piedi, dato che la carne al fuoco talvolta risulta veramente troppa, come nella conclusiva
'Man, Raven And The Portal' che poteva essere senza problemi essere sforbiciata di almeno quattro o cinque minuti nella parte finale, e nessuno si sarebbe lamentato, ma anche su
'Pale Eyes to Snowy Skies'.
Non ci troviamo davanti al classico
'tutto fumo e niente arrosto', in questo caso l'arrosto si vede chiaro e cristallino, anche se più volte viene coperto da un fumo di note, coretti, voci su voci che non mantengono in maniera omogenea la qualità dell'album. Non da archiviare immediatamente, ma si dovrà indubbiamente far meglio la prossima volta per non incappare negli stessi difetti.
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