Trovo sia lecito dubitare dei recensori / critici che si auto-proclamano terzi ed imparziali nel valutare una qualsivoglia estrinsecazione artistica. Questo perché l’arte, per definizione, impatta su ogni individuo in modo diverso, ingenerando attrazioni o pizzicando corde emotive solo in taluni, innescando determinate sensazioni in virtù di pregresse esperienze, o ancora, molto banalmente, venendo apprezzata (o meno) in base ai sacrosanti gusti.
Questo verboso
incipit nasce dall’esigenza di giocare a carte scoperte, segnalando senza timori che il sottoscritto apprezza non poco l’operato dei
The Vision Bleak, evidentemente in grado di raggiungere anditi della mia sensibilità musicale… che non in molti, ahimè, posseggono, vista la scarsa considerazione sinora concessa al duo bavarese da parte del pubblico.
Anche gli ultimi vagiti discografici, accolti nel complesso in modo piuttosto tiepido, sono agevolmente riusciti a strappare la mia convinta approvazione.
D’altro canto qualche timore, a fronte di un silenzio che perdura da ormai otto anni, non poteva che insinuarsi nella mia psiche, già di per sé non troppo incline all’ottimismo.
Fortuna che il nuovo “
Weird Tales”, pur non facendo gridare al capolavoro, è riuscito a dissipare ogni infausto presagio, ponendosi come ennesimo capitolo convincente di una carriera davvero continua e solida.
Il combo teutonico, a questo giro, ha mantenuto un'estetica ed un immaginario classicamente gotici -l’
artwork di copertina lo chiarisce da subito-, applicandole ad un impianto narrativo unitario, tanto che nella
bio si parla di una singola traccia suddivisa in vari capitoli.
Sotto il profilo concettuale nulla da obiettare; dal punto di vista musicale, invece, pare opportuno evidenziare come le varie tracce, nonostante l’esigua durata media, posseggano una propria identità, e possano venir apprezzate anche se slegate dal contesto.
“
Weird Tales”, al tempo stesso, funziona al meglio se assaporato tutto d’un fiato, proprio come un macabro racconto di o
Mary Shelley,
Allan Poe o
Le Fanu.
I vari episodi, anche grazie all’azzeccata produzione, riescono comunque a mettere in risalto tutte le sfaccettature del
sound dei Nostri:
mid tempo percussivi e suadenti in egual modo (“
Chapter II: In Rue d'Auseil”), dolorose litanie
gothic /
doom (“
Chapter III: In Gardens Red, Satanical”), scorribande
dark /
wave che strizzano l’occhio ai
Tiamat (“
Chapter IV: Once I Was a Flower”, il vero “
hit single” del disco, se così vogliamo definirlo), passando per feroci sferzate metalliche (“
Chapter V: The Premature Burial”) e livide pennellate di bruciante malinconia (la conclusiva “
Chapter XII: To Drink from Lethe”).
A mancare, forse, sono le brillanti intuizioni compositive di
album come “
Carpathia (A Dramatic Poem)” o “
The Wolves Go Hunt Their Prey”; d’altro canto, quasi vent’anni son trascorsi ormai, e come forse saprete gli esseri umani hanno la spiacevole tendenza all’invecchiamento.
Difficile, dunque, pretendere qualcosa di meglio dai
The Vision Bleak d’oggidì: forse, come denunciato in premessa, sarò di parte, ma alle mie orecchie “
Weird Tales” possiede tutte le carte in regola per conquistare gli appassionati.
Granitica certezza.