Copertina 6

Info

Genere:Gothic / Dark
Anno di uscita:2008
Durata:55 min.
Etichetta:Maddening Media

Tracklist

  1. CIRQVS
  2. DEGENESIS ( AMOR E SEUCHE)
  3. DIMENSION: CANVAS
  4. MENS INSANA IN CORPORE INSANO
  5. MADNESS AND HER THOUSAND YOUNG
  6. THE HEALING PROCESS
  7. FINIS CORONAT OPUS
  8. I, WHO BROUGHT FORTH MYSELF
  9. ALSUNITA
  10. LUCILINBURHUC
  11. IN, BEYOND OR THROUGH

Line up

  • Philip Breuer: vocals
  • Patrick Damiani: guitar, bass
  • Yves Blaschette: keyboards, guitar
  • Ingo Merten: live bass
  • Michel Spithoven: drums

Voto medio utenti

Grand Guignol è il nome di un teatro parigino situato nel 9e arrondissement che, dalla sua apertura nel 1897 fino alla chiusura avvenuta nel 1963, si specializzò in spettacoli decisamente macabri e violenti. Il nome deriva da un leone marionetta tradizionale, che faceva satira politica. L'accostamento del metal e dei suoi vari sottogeneri ai temi del fantastico e dell'orrorifico è un qualcosa che sin dai natali dello stesso genere musicale va di pari passo con esso. In questo caso specifico è la componente dotata di maggiore teatralità, quella che ha sempre contraddistinto Alice Cooper e più di recente i The Vision Bleak, a farla da padrone.

Le Grand Guignol, band proveniente dal Lussemburgo, mostra sin da subito, ovvero dall'intro Cirqvs, di aver ben appreso la lezione delle bands citate, ed aggiunge ben poco alla miscela sonora, in particolare a quella dei The Vision Bleak, tanto da divenire dei veri e propri cloni della band tedesca, eccezzion fatta per le vocals che invece vanno a ripescare appieno dalla tradizione black. Lungo tutta la durata dell'album ci si trova di fronte a brani ben strutturati nel loro alternare parti di chitarra ora acustiche ora elettriche (queste ultime restano forse troppo marginali e prive di mordente, a causa anche di una produzione fin troppo smussata, che fa risultare i suoni troppo morbidi) sulle quali si stagliano muri di tastiera dalle tinte fosche. Di buona fattura invece la componente teatrale in senso stretto, ovvero quella data dalle parti narrate e dai tempi che sanno di marcette e cabaret. Ma la pecca maggiore di questo lavoro resta l'originalità, The Great Maddening, è un album dove il senso di déjà vu resta impresso con maggior forza rispetto al buon lavoro operato dalla band.

Un album senza infamia e senza lode, che merita la sufficienza e che lascia intravedere delle buone potenzialità ma che andrebbero sviluppate in maniera maggiormente personale.
Recensione a cura di Andrea 'ilcorinzio' Angelino

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