Gli
OU (pronunciato semplicemente 'O') sono un combo cinese assemblato però dal batterista newyorkese
Anthony Vanacore, che proprio in Cina ha trovato la sua dimensione artistica ideale, tanto da risiedere e lavorare lì.
Questo secondo album è prodotto e mixato nientemeno che da
Devin Townsend, il che dovrebbe già darvi un indizio sul fatto che vi troverete davanti ad un album
strano, molto strano. Progressive metal, sì, ma contorto, sincopato, con linee vocali a cercare di suonare più oblique possibile, il tutto ammantato di una produzione chirurgica e cristallina, che rende se possibile il tutto ancora più 'alieno'. Ecco, 'alieno' è l'aggettivo giusto per la musica degli OU, che preferiscono spesso e volentieri sacrificare la melodia in favore di strutture geometriche, parti cantate tra la colonna sonora di Evangelion e quella di Blade Runner, ed una esecuzione talmente perfetta da destare sospetti 'digitali'.
L'album è sicuramente di non facile fruizione, e io lo interpreto (così come tutto lo 'OU-verse') come un interessante esperimento estremo, in cui si prova a spingere il concetto di musica quasi dalle parti delle AI, disumanizzando e robotizzando, ma cavalcando un senso poetico che si percepisce, ascoltando e riascoltando questo stranissimo dischetto. Non per tutti, decisamente.
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