Avvalendosi del lavoro del produttore
M.Stock (Empyrium/The Vision Bleak/Sun of the Sleepless)
Nerrath con i suoi
Horn confeziona per noi il decimo gioiellino nero di un'onorevole carriera che si snoda nell'arco di oltre vent'anni.
"Daudswiärk" (
Northern Silence Productions), la cui traduzione dal dialetto della variante basso tedesca del Münsterland dovrebbe essere all'incirca "Opera di morte", denota un accento Black Metal più forte rispetto al precedente
"Verzet", a discapito della componente epic/folk di stampo pagano che comunque sia rimane sempre ben presente.
Riesumando alcuni dialetti basso-tedeschi della Vestfalia, principalmente "Westfäölsk" e "Mönsterlänner Platt", ripresi da varie fonti storiche (dizionari/poesie/brevi testi in prosa),
Nerrath ci narra della vita rurale di questa regione a cavallo tra il XIX e il XX secolo, affrontando principalmente i temi dell'agricoltura, della fame, della malattia e della morte, ma anche del progresso della medicina di quel periodo. Accingendosi, dunque, a tratteggiare in musica uno scenario esistenziale che porta i colori della desolazione e della futilità della vita, e tuttavia di un'inestinguibile volontà di sopravvivenza; esattamente come rappresentato anche nell'artwork realizzato da
Timon Kokott.
Un lavoro che concettualmente a me piace molto e che rispecchia la reale essenza metafisica dell'uomo, il quale perfino nella più anodina indifferenza, come scriveva Heidegger, non può fare a meno di essere compreso nella modalità esistenziale del progetto, e dunque della cura (essere in relazione), presupponente una costante relazione con il mondo di cui siamo parte, in cui ci progettiamo, e di cui necessariamente ci interessiamo.
Il progetto
Horn raggiunge il suo scopo tramite uno scheletro musicale strutturato prevalentemente sugli strumenti classici, accantonando, come già accennato, tutto quel novero di suoni folcloristici, e a mio avviso geniali, che contraddistinguevano
"Verzet", concentrandosi su tradizionali riffs monocorde, tremolo picking nelle sfuriate più tipicamente nere, e su un utilizzo oscuro e sontuoso dei synth. Si ha una continua alternanza tra la desolazione più tetra, culminante in rasoiate di nichilistica disperazione, e melodie e suoni che ci trasportano nelle campagne tedesche degli anni che furono, assordati da gloriosi cori di guerra che riportano in auge l'ormai perduto spirito vichingo.
"Daudswiärk" è un'opera breve e concisa, molto solida nella sua composizione e dal forte potere evocativo. Evocatività ottenuta in assenza dell'utilizzo di particolari campionamenti ambient, bensì riuscendo a ricostruire un mondo scomparso (perlomeno nel nostro orizzonte), con una classe sublime in sede di arrangiamento e un manto di drammatica solennità che si ripercuote lungo l'arco di tutta l'opera.
Davvero un bel lavoro...
Se vi sono piaciuti
"Die Kraft der Szenarien" (2006), e soprattutto i più recenti
"Feldpost" (2015) e
"Turm am Hang" (2017), penso proprio che
"Daudswiärk" farà al caso vostro.
Recensione a cura di
DiX88
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