L’ascolto di “
Coming back to paradise” potrebbe tranquillamente collocare gli
A Neverending John’s Dream all’interno dell’imponente flusso dell’ondata melodica scandinava, e la masterizzazione dell’opera curata da
Erik Mårtensson (W.E.T., Eclipse) contribuisce in qualche modo ad avvalorare tale impressione.
In realtà la
band capitanata da
Joan M. Heredia (batterista, cantante e
songwriter del gruppo … tra l’altro è lui il “John” del
monicker …) arriva da Barcellona, ma le sue affinità con un “approccio nordico” alla materia (qualcosa tra Last Autumn’s Dream, Treat, gli stessi Eclipse e certi Royal Hunt) sono piuttosto evidenti, a partire proprio dal cantato “pulito” e squillante del suddetto
mastermind.
Il tentativo di spaziare tra
AOR,
pomp e
melodic-metal nelle mani dei nostri spagnoli sembra però a tratti fin un po’ troppo “didascalico” e, sebbene sia da apprezzare il livello tecnico complessivo della formazione (menzione speciale per il tastierista
Xavier Miró), le composizioni non raggiungono praticamente mai livelli da vertice del genere.
Se aggiungiamo interpretazioni vocali accurate e stentoree ma anche leggermente “flemmatiche”, otteniamo un debutto “solo” di discreto valore, che raggiunge i suoi picchi in brani come la pulsante ed evocativa “
Equilibrium”, nella vagamente Europe-
iana "
Prisoners of this life” e ancora in "
Save me from myself” e “
Mother of all”, due ottimi frammenti di suggestivo e magniloquente
rock melodico.
Altrove, vedasi la
title-track del disco, l’efficacia di un buon ritornello è mitigata da un’intelaiatura musicale abbastanza “prevedibile”, allo stesso modo di "
I’ve lost my dreams”, “
If we stand united” e “
Sunrise” dove le scorie
power s’inseriscono in strutture armoniche non moleste e tuttavia parecchio scontate.
“
In our hands” frequenta territori tipicamente
hard-rock con diligente applicazione, mentre “
Alone with my shadow”, infine, è una
power-ballad in crescendo di buona fattura e “
Sad winter” tenta la carta della solennità melodrammatica senza riservare particolari scosse emotive.
In sintesi, ritengo gli
A Neverending John’s Dream una formazione degna di considerazione, che potrebbe dare molto di più se riuscisse a convogliare i suoi notevoli mezzi tecnici e attitudinali in un contesto espressivo maggiormente coinvolgente e peculiare … per ora accogliamo “
Coming back to paradise” nel novero degli esordi gradevoli, un po’ impersonali e per certi versi promettenti.
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