Conoscevo i
Bad Boy unicamente per le loro prime due incisioni discografiche (“
The band that Milwaukee made famous” e “
Back to back”, rispettivamente del 1977 e del 1978, entrambe su United Artists Records e poi ristampate da Rock Candy) ed ignoravo che la loro parabola artistica avesse avuto una propaggine addirittura fino ai nostri giorni (grazie soprattutto all’immutato fervore espressivo del
leader della
band Steve Grimm).
Già solo per questa ragione non posso che plaudere ancora una volta al lavoro di “archeologia”
rockofila che la
Pride & Joy Music, nella sua sezione
Classixx, sta portando avanti con competenza e cognizione di causa, andando a riscoprire questo “
Private party” uscito nel 1981 per la Streetwise Records (l’etichetta del gruppo stesso), e francamente (e non lo dico per “giustificare” la mia appena confessata ignoranza …) decisamente meno noto dei suoi due predecessori.
Per chi non li conoscesse del tutto, stiamo parlando di una formazione nata verso la metà degli anni settanta con la denominazione Crossfire, e poi costretta a cambiare
monicker per questioni di
copyright.
Spinti anche dal successo che gli Aerosmith stavano avendo nell’area di Boston,
Steve Grimm,
John Marcelli,
Joe Luchessi (alias
Joe LaVié) e
Lars Hanson danno origine a due
album che si fregiano addirittura di collaborazioni “eccellenti” (
Ian Hunter,
Earl Slick e persino
Ray Manzarek), sebbene non sempre accreditate ufficialmente.
Il loro
hard-rock adescante, capace di sconfinare nel
glam e nel
power-pop (qualcosa tra Aerosmith, Cheap Trick, James Gang, Buchman Turner Overdrive e Mott the Hoople), garantisce ottimi riscontri di pubblico e critica e ciononostante, a causa del diverso orientamento musicale scelto dalla United Artists, i
Bad Boy rimangono senza contratto.
Da qui l’uscita dal gruppo di
Luchessi e
Hanson (che formano i The Rage) e, con l’ingresso di
Hector "Jackie" Ramos (poi in Bad Moon Rising, Bangalore Choir, Hericane Alice, …) e
Scott Stephen, la pubblicazione in forma “privata” del disco oggetto della disamina, ancora una volta piuttosto gradevole, anche se leggermente più “dispersivo” e meno incisivo dei primi due
full-length.
Ciò detto, il grintoso e seducente
rock n’ roll “
Run from yourself” è un bel modo per iniziare la “festa”, così come piacciono le suggestioni
glitter-blues di “
Don't pretend” e anche l’attitudine vaporosa e “radiofonica” di “
Can't you see”, “
How long” e "
Let me love you” finisce per trasmettere vibrazioni positive.
“
Have I the right” è un buon
remake in forma
punk-eggiante di un
hit dei
sixties (a firma The Honeycombs, poi riproposto da svariati altri artisti), e se “
Come with me” si segnala per la vivace linea melodica (dai tratti sonori non lontanissimi da certi Thin Lizzy), in “
Come a bit closer” e “
Here I am” emerge una disinvolta ammirazione per i Kiss.
Un altro scanzonato inno
R’ n’ R’, che prende il nome dell’opera, in origine chiudeva un programma che invece in questa edizione è arricchito da una pregevole
bonus-track, “
You and me against the world”, capace di conquistare l’astante con la sua melodia ad ampio respiro e il contagioso
refrain.
Il “treno” (che sia quello immortalato nell’
intro /
outro di “
Private party”?) per l’affermazione su vasta scala i
Bad Boy lo avevano perso, ma di sicuro non avevano smarrito la passione innata per certi suoni e la capacità di renderli al tempo stesso accattivanti ed energici … se non disdegnate il “concetto”, riscopriteli, sono sicuro che li gradirete.