Copertina 7

Info

Anno di uscita:2005
Durata:45 min.
Etichetta:Melodic Symphony
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. BORDERLINE
  2. LOVE AIN'T THE ANSWER
  3. THE HARDEST PART OF ALL
  4. MADELINE
  5. HOW MANY TIMES
  6. LONG WAY HOME
  7. SOMEBODY JUST LIKE YOU
  8. TURN SOME PAGES
  9. WHAT IN THE WORLD
  10. DON'T TURN BACK
  11. HOLLYWOOD

Line up

  • Jeff Prentice: vocals, guitarsa, keyboards
  • Rob Nishida: guitars and keyboards
  • Pat Torpey: drums

Voto medio utenti

Arrivano dal Giappone questi Outland (anche se in realtà uno solo dei loro membri è giapponese...), che giungono al secondo lavoro ad un anno di distanza dal loro debut album autoprodotto "Different worlds". Il processo creativo che sta alla base di "Long way home" dev'essere stato tutt'altro che agile, considerando che, come la band stessa ammette, ha composto 30 canzoni nell'arco di 12 mesi, per poi selezionare le dieci da inserire sul disco. Ospite a sorpresa di questo duo molto affiatato è l'ex Mr. Big Pat Torpey, che si è occupato di tutte le parti di batteria. Non avendo avuto modo di ascoltare il loro disco d'esordio, non so dire quanto "Long way home" costituisca un passo avanti nel loro cammino artistico, ma occorre dire, a onor del vero, che la band se la cava piuttosto bene, offrendoci un rock melodico dal tipico sapore Eighties, in cui le tastiere hanno un ruolo determinante e i ritornelli sono fatti apposta per essere memorizzati dopo mezzo ascolto. La loro proposta, pur senza brillare per originalità e inventiva, è gradevole e nell'arco dei 45 minuti del cd riescono anche ad infilarci due grandissimi pezzi come "How many times" e la stessa title track, che non sfigurerebbero di certo nel repertorio di artisti più affermati. Purtroppo però i difetti ci sono, ed anche abbastanza evidenti: la faciloneria a livello di arrangiamenti, ad esempio, che si manifesta soprattutto in parti di tastiera al limite della banalità, cosa che tende a rendere i brani troppo simili tra loro e denota un livello tecnico probabilmente non eccelso dei musicisti coinvolti. Il drumming di Torpey è poi (dispiace proprio doverlo dire!) un'altra nota dolente: d'accordo che già nei Mr. Big non era un fenomeno, ma qui ci sembra un po' troppo in balia di un 4/4 monolitico, che appiattisce e priva di mordente anche i brani più riusciti (oltre ai due già citati segnalo anche la grintosa opener "Borderline" e "Turn some pages"). Davvero una brutta prestazione per un musicista col suo curriculum! Chiude il disco una bella cover della thinlyzziana "Hollywood", interpretata dai nostri con passione e genuinità, e che alza sicuramente il livello qualitativo di questo prodotto. Di cose da mettere a posto questi Outland ne hanno eccome, ma sono certo che con un altro po' di impegno sapranno dire la loro in questo affollato panorama AOR. Il voto che trovate sotto vuole essere più che altro un incoraggiamento per le buone idee che ho sentito: dateci un ascolto, potrebbe valerne la pena!
Recensione a cura di Luca Franceschini

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